che volete voi da me?
Vostra son, ché mi creaste,
vostra, ché mi riscattaste,
vostra, ché mi sopportaste,
vostra, ché a voi mi chiamaste,
vostra, ché anche mi attendeste
e dannar non mi faceste.
Che volete voi da me?
Vostra sono, per voi nacqui,
che volete voi da me?"
Nell'introdurre il primo giorno del triduo a S.Teresa d'Avila, accennavo ieri che la poesia da cui sono tratti i versi iniziali di queste riflessioni, rappresentano un po' la "sintesi" e lo sbocco dell'esperienza mistica e spirituale della santa.
Il poema presenta forti accenti di sponsalità, ma a questo atteggiamento "nuziale" Teresa arrivò subito?
A volte si ha l'idea che nell'amore le cose siano scontate, semplici, facili...in una parola: immediate.
Ma ci sono nature, caratteri fortemente "liberi", indipendenti (forse è questo il termine più esatto) e vigorosi, per i quali qualunque legame - e soprattutto se serio, importante - almeno inizialmente, presenta un che di pesante da accogliere.
Per un'indole simile, sapere di "legarsi" a qualcuno (anche al Qualcuno) per sempre, comporta quasi uno...snaturamento del proprio essere.
Insomma, per Teresa, dotata di un siffatto temperamento, l'idea di una vita claustrale e finanche di un legame matrimoniale, era motivo di timore.
Ciò significava dover compiere lo sforzo immane di "piegarsi" e piegare il proprio carattere in questa donazione all'Altro. Di rinunciare, in un certo senso, a quell'essere "autonomi" e di diventare "due in Uno".
C'è un passaggio dell'autobiografia di Teresa che è illuminante sul punto.
Per un'indole simile, sapere di "legarsi" a qualcuno (anche al Qualcuno) per sempre, comporta quasi uno...snaturamento del proprio essere.
Insomma, per Teresa, dotata di un siffatto temperamento, l'idea di una vita claustrale e finanche di un legame matrimoniale, era motivo di timore.
Ciò significava dover compiere lo sforzo immane di "piegarsi" e piegare il proprio carattere in questa donazione all'Altro. Di rinunciare, in un certo senso, a quell'essere "autonomi" e di diventare "due in Uno".
C'è un passaggio dell'autobiografia di Teresa che è illuminante sul punto.
Siamo nei primi anni 30 del 1500. Teresa ha all'incirca sedici anni.
Suo padre si è reso conto che la frequentazione di alcuni parenti un po' frivoli - e difficilmente allontanabili proprio per via dei legami familiari - influiscono negativamente sulla figlia.
Teresa si lascia infatti coinvolgere in conversazioni frivole e la sua vanità, anche nell'abbigliamento, cresce, animata dal desiderio "di piacere, cercando di far bella figura" (Libro della Vita, capitolo 2,2).
In realtà non c'è alcun fine immorale da parte sua in questo, ella stessa lo sottolinea:"Non avevo cattiva intenzione, perché non avrei voluto che mai nessuno offendesse Dio per causa mia" (ibidem).
Semplicemente, in Teresa era sempre stato forte il desiderio di dimostrare affetto e di riceverne: così da pensare che piacendo anche nella persona ben curata, sarebbe stata più amata.
Il padre decide allora di condurla al monastero delle agostiniane di Avila, dove le sarebbe stata impartita una buona educazione...e soprattutto, tra le cui mura sarebbe stata al sicuro da frequentazioni poco edificanti.
L'iniziale sofferenza di Teresa, a contatto con un ambiente diverso dal suo, passa presto e la santa sottolinea un dato di fatto: "benché io allora fossi molto contraria a farmi monaca, godevo nel vedere tante buone suore" (Libro della Vita, cap.2,8).
La lotta interiore...è già in corso. Quel definirsi "molto contraria", è indice di qualcosa che si sta smuovendo nell'intimo di Teresa.
Più avanti, infatti, scrive:"stetti un anno e mezzo in questo monastero, migliorandomi molto.
Cominciai a recitare non poche orazioni vocali e a supplicare tutti di raccomandarmi a Dio affinché mi suggerisse lo stato in cui avrei dovuto servirlo.
Tuttavia desideravo che non fosse quello monacale e che a Dio non piacesse ispirarmi proprio questo, sebbene temessi anche il matrimonio"(Libro della Vita, cap.3,1).
Tuttavia desideravo che non fosse quello monacale e che a Dio non piacesse ispirarmi proprio questo, sebbene temessi anche il matrimonio"(Libro della Vita, cap.3,1).
Ma la preghiera sincera sgorgata dal cuore di Teresa ed il suo vivo desiderio di servire Dio, uniti al suo carattere volitivo, faranno sì che alla fine capitoli.
Un primo segnale di resa lo si avrà proprio all'uscita dalle agostiniane:"Allo scadere del tempo in cui rimasi qui, già propendevo di più ad esser monaca, anche se non in quella casa" (ibidem).
Teresa sta realmente cominciando a vivere l'atteggiamento dell'anima che dice a Dio: "Vostra sono...che volete da me"? e ci insegna a fare altrettanto, superando finanche le personali inclinazioni e ripugnanze, certi che solo Dio può donare a ciascuno la "vera" risposta sulla propria vocazione.
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