"Dice il salmista: «Se offro olocausti, non li accetti».
Perciò dal
momento che non gradisci gli olocausti, rimarrai senza sacrificio? Non sia
mai. «Uno spirito contrito è sacrificio a Dio, un cuore affranto e
umiliato, Dio, tu non disprezzi» (Sal 50, 19). Hai la materia per
sacrificare.
Non andare in cerca del gregge, non preparare imbarcazioni
per recarti nelle più lontane regioni da dove portare profumi.
Cerca nel
tuo cuore ciò che è gradito a Dio. Bisogna spezzare minutamente il
cuore. Temi che perisca perché frantumato?
Sulla bocca del salmista tu
trovi questa espressione: «Crea in me, o Dio, un cuore puro» (Sal 50,
12). Quindi deve essere distrutto il cuore impuro, perché sia creato
quello puro.
Quando pecchiamo dobbiamo provare dispiacere di noi stessi, perché i peccati dispiacciono a Dio. E poiché constatiamo che non siamo senza peccato, almeno in questo cerchiamo di essere simili a Dio: nel dispiacerci di ciò che dispiace a Dio. In certo qual modo sei unito alla volontà di Dio, poiché dispiace a te ciò che il tuo Creatore odia".
Quando pecchiamo dobbiamo provare dispiacere di noi stessi, perché i peccati dispiacciono a Dio. E poiché constatiamo che non siamo senza peccato, almeno in questo cerchiamo di essere simili a Dio: nel dispiacerci di ciò che dispiace a Dio. In certo qual modo sei unito alla volontà di Dio, poiché dispiace a te ciò che il tuo Creatore odia".
(Ufficio delle Letture - dai Discorsi di Sant'Agostino)
L'Ufficio delle Letture di oggi ci presenta un brano di Sant'Agostino, che si può accostare bene al Vangelo ascoltato in questa XIV Domenica dell'Anno A, in cui Gesù afferma:
"Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me,
che
sono mite e umile di cuore,
e troverete ristoro per la vostra vita.
Il
mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero"
(Mt 11, 29-30)
Sant'Agostino ci invita a cercare nel nostro cuore ciò che è gradito a Dio.
Ma l'uomo, di per sé, non sarebbe capace di nulla se non avesse il soccorso di Dio stesso, la Sua Grazia.
"Senza la grazia di Dio, l'uomo non può essere senza peccato" afferma proprio il Vescovo di Ippona.
"Senza la grazia di Dio, l'uomo non può essere senza peccato" afferma proprio il Vescovo di Ippona.
E senza un aiuto di Dio, l'uomo non potrebbe nemmeno sentire il richiamo della "coscienza" dopo aver peccato, e dunque dispiacersi di ciò che dispiace al Creatore.
L'uomo è capace di cercare nel proprio cuore ciò che può offrire al Signore, ciò che è a Lui gradito, soltanto alla luce del Cuore "nuovo" che gli è stato dato in Cristo ed in cui e da cui ha ricevuto lo Spirito Santo.
Ezechiele insiste molto su questo tema: occorre liberarsi "da tutte le iniquità commesse e" formarsi "un cuore nuovo e uno spirito nuovo" se non si vuole "morire" (Ez 18,31) spiritualmente.
Ed è sempre Ezechiele che anticipa il mistero della "novità" del cuore e dello spirito: "vi darò un cuore nuovo, metterò dentro di voi uno spirito nuovo, toglierò da voi il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne" (Ez 36,26)
Sull'esempio di Cristo, del Suo Cuore donato per amore fino all'ultima goccia di Sangue, l'uomo può offrire a Dio il "sacrificio" del cuore "contrito ed umiliato".
Questo cuore nuovo non deve temere (riprendendo le parole di S.Agostino) di essere "frantumato": il cuore del cristiano è un cuore capace di donarsi in un'espansione di amore che non conosce limiti.
Questa "espansione" è anche quel dilatarsi che si sperimenta in mezzo ai dolori, alle umiliazioni, alle incomprensioni.
E' l'allargarSi di Cristo Crocifisso che spalanca le braccia per accogliere l'umanità e indicare come fare altrettanto - nell'amore - verso il proprio prossimo.
Sant'Agostino invita a pregare col salmo 51, il "Miserere": "Crea in me, o Dio, un cuore puro". (Sal 51,12)
E' un salmo penitenziale, che la Liturgia delle Ore, non a caso, colloca sempre nelle Lodi di ogni venerdì.
In questo salmo torna nuovamente il binomio cuore-spirito, perchè il versetto 12 procede così: "rinnova in me uno spirito saldo".
Dio ha creato il cuore nuovo e puro dell'uomo nel Cuore di Cristo: ma senza lo spirito saldo, l'essere umano, fragile ed incostante, presto verrebbe meno alla Grazia.
Ecco perché occorre sempre la preghiera allo Spirito Santo, che aiuti il credente ad essere "forte" nel vivere secondo i desideri spirituali e non carnali (Rm 8, 13).
Questo è quanto ci viene ribadito anche da San Paolo, nella seconda Lettura che oggi la Liturgia ci propone.
"Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio" (Mt 5,8): ecco a cosa conduce la purificazione del cuore.
Dove sta allora la difficoltà?
Nel fatto che l'uomo intenda quel "prendere il giogo di Gesù" su di sè come un legame di schiavitù, mentre il giogo ha in realtà la stessa etimologia contenuta in coniuge: UNIRE!
Uniti a Gesù è possibile farsi carico del "giogo" dell'amore!
Uniti a Lui si può vincere la resistenza dell'uomo che sempre teme che amare sia perdere la propria libertà!
Lo illustrò Benedetto XVI, nel 2005 e con le sue parole concludo queste riflessioni, augurandovi una buona conclusione di Domenica ed una serena settimana.
"L'uomo non si fida di Dio.
Egli, tentato dalle parole del serpente, cova il sospetto che Dio, in fin dei conti, gli
tolga qualcosa della sua vita, che Dio sia un concorrente che limita la nostra
libertà e che noi saremo pienamente esseri umani soltanto quando l'avremo
accantonato; insomma, che solo in questo modo possiamo realizzare in pienezza la
nostra libertà.
L'uomo vive nel sospetto che l'amore di Dio crei una dipendenza
e che gli sia necessario sbarazzarsi di questa dipendenza per essere pienamente
se stesso.
Piuttosto che sull'amore punta sul potere col quale vuole prendere in mano in
modo autonomo la propria vita. E nel fare questo, egli si fida della menzogna
piuttosto che della verità e con ciò sprofonda con la sua vita nel vuoto, nella
morte.
Amore non è dipendenza, ma dono che ci fa vivere.
Se noi viviamo contro l'amore e contro
la verità – contro Dio –, allora ci distruggiamo a vicenda e distruggiamo il
mondo. Allora non troviamo la vita, ma facciamo l'interesse della morte.
Tutto questo è raccontato con immagini immortali nella storia della caduta originale e della cacciata dell'uomo dal Paradiso terrestre.
L'uomo che si abbandona totalmente nelle mani di Dio non diventa un burattino di Dio, una noiosa persona consenziente; egli non perde la sua libertà.
Solo l'uomo che si affida totalmente a Dio trova la vera libertà, la vastità grande e creativa della libertà del bene.
L'uomo che si volge verso Dio non diventa più piccolo, ma più grande, perché grazie a Dio e insieme con Lui diventa grande, diventa divino, diventa veramente se stesso.
L'uomo che si mette nelle mani di Dio non si allontana dagli altri, ritirandosi nella sua salvezza privata; al contrario, solo allora il suo cuore si desta veramente ed egli diventa una persona sensibile e perciò benevola ed aperta. Più l'uomo è vicino a Dio, più vicino è agli uomini.
Maria sta davanti a noi come
segno di consolazione, di incoraggiamento, di speranza. Ella si rivolge a noi
dicendo: "Abbi il coraggio di osare con Dio! Provaci! Non aver paura di Lui!
Abbi il coraggio di rischiare con la fede! Abbi il coraggio di rischiare con la
bontà!
Abbi il coraggio di rischiare con il cuore puro!
Compromettiti con Dio,
allora vedrai che proprio con ciò la tua vita diventa ampia ed illuminata, non
noiosa, ma piena di infinite sorprese, perché la bontà infinita di Dio non si
esaurisce mai".
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