Carissimi amici del blog, prosegue la pubblicazione del testo sulla vita di Caterina Farnese - principessa e carmelitana scalza.
Lo scritto - curato dalle monache carmelitane scalze del monastero di Parma - è in corso di pubblicazione sulla rivista "Il Carmelo oggi".
Qui trovate la terza parte.
Buona lettura!
Caterina Farnese, principessa e carmelitana
- quarta parte -
Caterina Farnese, al tempo in cui indossava già l'abito carmelitano |
Ammiratori di alto lignaggio…
Tra coloro che si interessarono a Caterina non mancano nomi
illustri.
Quando il suo ritratto arrivò alla corte del Re Sole, il giovane
sovrano, che aveva già veduto i ritratti di tutte le Principesse d'Europa, sentenziò
che la più bella era - come egli la chiamava - la Cadetta di Parma.
Non sappiamo
se alla lusinghiera dichiarazione facesse seguito qualche mossa di carattere
più ufficiale; in ogni caso Luigi XIV finì per sposare nel 1659 l'infanta di
Spagna Maria Teresa, anteponendo l'interesse politico a qualunque altra ragione.
Nell'antica biografia si racconta pure che venne proposto a
Caterina il sovrano d'Inghilterra Carlo II, altro partito regale ancora
disponibile: Se questi mi fosse mai proposto - troncò in fretta
Caterina - ricuserò da vero, perché non mi sarà mai possibile amare un uomo
alieno dalla Chiesa di Dio, e generar figlioli al Demonio.
E’ certo invece che una proposta in piena regola fu quella fatta a
Caterina dal principe Massimiliano di Innsbruck, fratello dell'arciduca
d'Austria Leopoldo I d'Asburgo.
La principessa, tra il desolato imbarazzo dei
familiari, mandò a monte la proposta e lo stesso fece con numerose altre
proposte di nozze blasonatissime che padre Massimo cita di sfuggita.
…rifiutati sistematicamente
Caterina motivava i suoi no con una risposta che rientrava bene
nel suo "personaggio"; affermava infatti che non si sarebbe
assoggettata ad uomo alcuno, se non fosse Regnante. Tuttavia,
considerando la giovinezza di Caterina nella sua globalità, ci è lecito pensare
a ragioni più serie e più degne della sua intelligenza e del suo cuore.
In primo luogo Caterina, che abbiamo visto così aliena dai
compromessi e dagli accomodamenti, non si sarebbe comunque adattata ad un
matrimonio dettato dalla ragion di stato; per giunta, amava la propria
indipendenza e volle il suo gran cuore sempre libero.
Tali motivazioni tuttavia, per quanto più nobili, non erano ancora
le più vere e le più profonde.
Un geloso segreto
Il fatto è che Caterina fin dall'adolescenza cominciò a sentire –
malgrado il suo aborrimento per i chiostri - il richiamo alla vita
religiosa; e l'intima convinzione di doversi prima o poi consacrare a Dio, se
anche non le impediva bizzarrie e capricci, le impediva però di porre il suo
affetto in persona veruna.
I cortigiani si chiedevano il perché delle inquietudini di
Caterina e, lontanissimi dall'immaginarne la vera causa, facevano mille
supposizioni. Qualche lingua pettegola parlò di nozze andate a monte o di
qualche grave offesa ricevuta; la principessa, ben allenata fin dall'infanzia a
non curarsi dell'opinione altrui, lasciava dire, nascondendo nel suo cuore
la piaga.
Ed il padre Massimo, con il quale Caterina - ormai monaca - si
sarebbe confidata alcuni anni più tardi, ci traccia un quadro vivace e
veritiero di questa situazione contraddittoria e, dopo averci descritto la
principessa occupata in battute di caccia o intenta a seguire allegre rappresentazioni
buffonesche, conclude dicendo che il fondo del cuore però era di Dio.
Devozione indevota
Questo cuore che, suo malgrado, era di Dio, doveva tuttavia
fare i conti con quello spirito bizzarro che abbiamo già avuto modo di
conoscere.
Caterina continuava a detestare le forme esteriori di devozione e
imponeva i suoi atteggiamenti spavaldi perfino ai santi, i quali, così come i
familiari, non dovevano avezzarsi a dirle di no.
Se qualche santo non
l'esaudiva, mai più non faceva ricorso; e per non trovarsi
costretta a fare altrettanto con la sua amata Santa Teresa, si era proposta di
non chiederle grazia alcuna.
La sua devozione indevota, come la chiama padre Massimo, si
manifestava anche in altre originalità.
Per salvaguardarsi dagli sguardi
curiosi e dai commenti indiscreti, aveva fatto rilegare allo stesso modo
l'Ariosto e l'Ufficio della Madonna, e così le dame di corte non potevano
sapere che cosa stesse leggendo la principessa.
In questa ritrosia singolare
rientra anche la risposta che ebbe a dare quando le chiesero quali fossero i
santi a lei più cari: Io venero tutti i Santi, ma li miei cari son quelli,
che mai non dissero o scrissero li fatti loro.
Se i santi stessi dovevano fare i conti con il carattere della
principessa, ancor più continuavano a farli i familiari e in particolare la
madre, Margherita de’ Medici.
I rapporti fra le due donne non migliorarono con gli anni: le
reazioni capricciose di natura infantile poco a poco lasciarono il posto ad una
indipendenza di giudizio ostentata e distaccata; ed il risultato finale era
sempre lo stesso; una penosa incomprensione che sembrava ormai destinata a
diventare irreversibile.
Nella giovinezza di Caterina trovava posto anche il sacrificio
volontario.
Per esempio mangiava cibi completamente insipidi o ripugnanti al
suo gusto, oppure sfidava il freddo invernale evitando di fare riscaldare il
letto; nonostante assumesse un’aria del tutto disinvolta, c’era chi se ne
accorgeva e glielo faceva notare.
Sapete perché l'ho fatto? - rispondeva
con garbo elegante - Per accostumarmi a tutto, e per far prova in me stessa
se è vero ciò che per proverbio si dice: che si fa tutto ciò che si vuole.
La
mortificazione rimaneva così nascosta e la fama di principessa indomabile ne
usciva rafforzata.
Al sigillo della contraddizione non si sottraevano neppure i
gesti di carità, che la principessa compiva in gran numero a beneficio delle
inferme di corte.
Le assisteva, le sosteneva, e volentieri preparava loro il
cibo con le sue stesse mani.
Ma gli scatti impetuosi del suo carattere erano
sempre in agguato.
Una volta portò a una malata una minestra fumante, che la
donna indugiava a trangugiare perché troppo calda.
Caterina non ci pensò due
volte, e un attimo dopo la scodella era in frantumi sul pavimento.
Intanto
gli anni passavano e Caterina, per quanto giovanissima, aveva un'età in cui la
maggior parte delle principesse erano già spose e madri.
A corte ci si
preoccupava del suo futuro; ed ella, forse seguendo una segreta ispirazione, o
forse dicendo per scherzo una battuta che si sarebbe rivelata profetica,
rispondeva così: Io so che a venticinque anni sarò accasata.
I genitori di Caterina: un matrimonio d’amore
Il fidanzamento di Odoardo Farnese con
Margherita de’ Medici fu “combinato” come di più non si potrebbe:
i due bambini avevano otto anni allorché le rispettive famiglie stabilirono che
un giorno sarebbero stati marito e moglie.
Eppure da questo contratto – incredibile
per la mentalità odierna – scaturì un matrimonio d’amore come se ne videro
pochi nelle corti dell’epoca.
I piccoli, pur conoscendosi solo di nome, presero
con estrema serietà il loro impegno e il giovane Odoardo, che prima delle nozze
visitò svariate corti d’Europa, stupì tutti per il suo comportamento
integerrimo, a dispetto dei costumi del tempo, delle belle dame che lo
corteggiavano e dei trascorsi a volte torbidi dei suoi antenati.
Margherita non
fu da meno, e appena quindicenne ebbe il coraggio di opporsi al grande
Richelieu che le aveva proposto le nozze con il Duca d’Orléans, fratello di
Luigi XIII.
Il motivo del suo no? Voleva rimanere fedele a Odoardo.
Il quale, a
sua volta, dichiarò che per difendere il fidanzamento con Margherita era disposto
a sfidare le ire della potente corte francese.
A coronamento di tante
reciproche prove d’amore, il matrimonio ebbe finalmente luogo quando i ragazzi
avevano sedici anni.
Un matrimonio felice, con l’unico “difetto” di essere
durato troppo poco: Odoardo morì in seguito a una polmonite a poco più di
trent’anni, e Margherita dedicò il resto dei suoi giorni all’educazione dei
figli e alle opere di carità.
Parma e il teatro: una passione antica
La nota passione dei
parmigiani per il teatro e per il melodramma in particolare deve molto al
governo dei Farnese, che promossero lo spettacolo con dispendio di mezzi e con
criteri innovativi, come quello di estendere la cultura teatrale anche al
popolo.
I teatri, fra pubblici e privati, si contavano a decine. Tra essi
spiccava lo splendido Teatro Farnese, una raffinatissima
costruzione in legno voluta da Ranuccio I per onorare il passaggio del Granduca
di Toscana e destinata, nelle intenzioni originarie, a essere smantellata
subito dopo. Il teatro non solo possedeva gli ingegnosi, tipici macchinari
secenteschi che permettevano ai diversi personaggi di discendere dall'alto o di
risalire in cielo, ma era anche strutturato in modo che la parte bassa potesse
essere allagata per ospitare la simulazione di battaglie navali o la
ricostruzione di scene marine e mitologiche. Con le sue amplissime gradinate,
rimase fino all’inizio del ‘900 il più grande teatro italiano, e ancora oggi
vanta una stagione prestigiosa. E pensare che era nato come teatro usa e
getta…
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