giovedì 8 maggio 2014

EROISMO E CRISTIANO "MEDIO": un connubio possibile?


"Heroism is not for the average Christian".

"L'eroismo non è per il cristiano medio".

(così il card.Kasper, intervistato per Commonweil

Con queste riflessioni, non voglio entrare nel merito dell'argomento principale trattato dal card. Kasper nella sua intervista, la dottrina della Chiesa è chiara e gli sviluppi del Sinodo sono ancora lontani.
Vorrei tuttavia cogliere l'opportunità che le parole del Mons. offrono, per riflettere sul concetto di "eroismo".
Anzi, per meditare sul legame tra "eroismo - cattolico - santità".

Leggendo le parole del card.Kasper, mi sono venute in mente subito tre cose:
  • la preghiera a Giovanni Paolo II, in cui si implora a Dio il dono di imitare questo santo che ci ha indicato "la santità come misura ALTA della vita cristiana";
  • una frase di Santa Teresina (cito a memoria) : "non perdere nessuna delle spine che incontri sul tuo cammino, con una di esse puoi salvare un'anima".  
  • le parole di Gesù: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua". (Mt 16,24)

Credo che l'equazione che deriva da questi tre elementi, ci possa portare a parafrasare così l'affermazione del card. Kasper:

"Il cattolico medio non vuole o non sa scegliere l'erosimo".

Non sa: proprio il Vangelo di oggi (Gv 6,44-51), in cui l'eunuco della regina Candace chiede a Filippo di spiegargli le Scrittura, è illuminante al riguardo.
Se il cattolico non ha una guida che lo aiuti a penetrare sempre più nel senso evangelico di essere "chicco maturo che deve cadere in terra", difficilmente riuscirà a raggiungere le vette dell'eroismo quotidiano, quello in cui il martirio non è fatto di sangue biologico, ma di sangue interiore: rinunce, mortificazioni, accettazione delle sofferenze, capacità di saper cedere dal voler avere per forza l'ultima parola, offerta delle umiliazioni al Signore e via dicendo.

Non vuole: può darsi che il cattolico medio, messo davanti alla strada del "rinnegarsi ogni giorno, prendere la croce e seguire Gesù" decida che sia più comodo fare il "cristiano da salotto" secondo la definizione di Papa Francesco. 
Cioè che opti per quel modello di cristiano che siede tra i banchi della Chiesa alla Domenica, magari si fa vedere nelle occasioni importanti, vuole collaborare in parrocchia solo per il gusto di primeggiare ed imporre le proprie idee, ma non è poi in prima linea quando c'è da tendere una mano al fratello, da sopportare una delusione, da accettare una malattia in spirito cristiano.
Il Papa sta insistendo fortemente su questo punto: il "salottismo" è la malattia dei farisei di oggi, che ritengono che l'essere buoni cristiani sia solo mettere un timbro sul tesserino delle Messe domenicali, ma che poi, come il sacerdote che incontra il samaritano assalito dai briganti, lasciano che l'altro - il simile a lui - rimanga da solo nella sua difficoltà e nella sua sofferenza.

Esaminare il proprio "livello" di cristianità può essere una faccenda impegnativa, se occorre superare un test che non è fatto solo di pratica religiosa, di conoscenza dottrinale, ma anche di "carità", laddove la carità è necessariamente inclusiva di questo eroismo, del martirio interiore.
Santi come Teresa di Lisieux, che hanno condotto una vita apparentemente ordinaria, ci insegnano che l'eroismo richiesto della santità è alla portata di tutti: i suoi manoscritti sono ricchissimi di esempi di questo tipo.
Dal sorriso alla suora verso cui si provava naturale antipatia, alla sopportazione in coro del rumore un po' molesto che una delle consorelle perpetuava per tutto il tempo della preghiera, all'accettazione con amore e senza lamentele del freddo e della malattia.
San Paolo ci esorta in questa "fortezza" che il martirio richiede, giorno dopo giorno, con alcune delle parole conclusive della sua lettera ai Corinzi:



 "Vigilate, state saldi nella fede,
siate forti. 
Tutto si faccia tra voi nella carità".

 (1Cor 16,13-14)

Il connubio tra santità, eroismo e cristianità è possibile: ma richiede uno sforzo quotidiano.
Necessita della comprensione di un fatto di primaria importanza: non si può essere santi a metà.
Si può essere solo santi in pienezza!
Essere santi è proprio questo: accettare la Croce con amore ed unirla alla Croce di Cristo, Colui che per Primo ci ha dato l'esempio da seguire.
Essere santi è "vivere" la Croce non come un peso, ma come un "giogo" d'amore per la salvezza nostra e degli altri.
Essere santi crocifissi con gioia è imparare la meravigliosa economia della salvezza in cui Dio ci ha voluto coinvolgere: con ogni spina quotidiana, che è il segno e lo strumento dell'eroico martirio di ogni giorno, possiamo contribuire a salvare un'anima!

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