Qualche tempo fa mi è ricapitato fra le mani -quasi per caso- un appunto un po' datato.
Un foglio di quaderno sul quale avevo annotato un pensiero comparso sul frontespizio di un numero del bollettino salesiano del 1878:
"Delle cose divine,
la più divina
è quella di cooperare con Dio
a salvare le anime".
La Parola di Dio proclamata nella XXVIII Domenica del T.O. sembrava calzare a pennello su queste righe:
era infatti la Domenica di Naaman il Siro, che si converte dopo essere stato guarito dalla lebbra -grazie ai consigli apparentemente semplici di Eliseo, profeta e uomo di Dio;
era la Domenica del Samaritano purificato anch'egli da quella stessa malattia, ad opera di Cristo Signore;
era la Domenica di San Paolo che -con tutto il suo tipico ardore spirituale- afferma: "Io sopporto ogni cosa per quelli che Dio ha scelto, perché anch’essi raggiungano la salvezza che è in Cristo Gesù" (2 Tm 10)
Da questo piccolo collage di pensieri e parole bibliche, quasi parrebbe che facile sia l'operazione del "cooperare" con Dio alla salvezza delle anime.
Ma è proprio l'insieme degli elementi che fa balzare agli occhi -ad una visione più profonda- la difficoltà dell'operazione nel suo complesso.
Per "curare" la lebbra altrui viene chiesto principalmente a ciascuno di noi di curare la "propria": "Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio"? (Mt 7,3)
Senza la personale santificazione...è impossibile sperare di santificare altri!
Lo si comprende bene guardando la storia di Gesù e dei Santi: hanno attirato, hanno convertito, hanno affascinato grazie al loro "profumo di santità" e di virtù.
Scrive don Bosco, nelle Memorie Biografiche:
"Non è la scienza che fa i santi, ma la virtù.
Senza la pazienza non possiamo farci santi.
Santifica gli altri santificando te stesso".
La storia dei dieci lebbrosi guariti da Gesù insegna subito una cosa, necessaria per santificarci santificandoci:
- imparare a rendere grazie.
Riconoscere che tutto viene da Dio, che da Lui siamo stati guariti dal male del peccato -attraverso la Redenzione- è già un atto di virtù.
Lo si può includere nella virtù teologale della Carità -Amore verso Dio che amiamo sopra ogni cosa-
ed in quello della virtù cardinale della Giustizia.
Non a caso, nella Santa Messa - al momento del Prefazio- i fedeli esprimono questo rendimento di grazie, che culmina poi nelle parole del Sacerdote:
E' veramente cosa buona e giusta,
nostro dovere e fonte di salvezza,
rendere grazie sempre e in ogni luogo
a te, Signore, Padre santo,
Dio onnipotente ed eterno,
per Cristo nostro Signore.
- Comprendere che la chiamata alla santità non è un cammino in pianura...
- don Bosco, riprendendo un detto popolare, chiedeva ai suoi salesiani : "Vogliamo forse andare in Paradiso in carrozza"? (Circolare 6 gennaio 1984)
San Paolo, nella seconda lettera a Timoteo è chiarissimo: santità per santificare è lotta contro il peccato e le tentazioni, ma anche sopportazione di ogni tribolazione fino all'EROISMO.
Non necessariamente da intendersi come martirio nel senso classico...
SantaTeresa di Lisieux, che non ebbe salute per andare missionaria come avrebbe desiderato, consumata dalla perenne mortificazione e dall'Amore, ebbe a dire: "Muoio martire d'amore"!
La lotta per santificare, santificandosi, è quel lavoro eroico perché continuo, giornaliero, pressante nel farci vincere i nostri piccoli e grandi egoismi nel trattare con Dio e con il prossimo.
Tornare indietro anche per riguardare agli avvenimenti della propria vita cercando di cogliere quel filo sottile di Provvidenza, di Guida amorevole di Dio che ha ordito una trama ben ordinata per condurci da qualche parte.
Fare tesoro di questi due aspetti del "ritornare".
Viverli come quello che Papa Francesco ci esorta a vedere come un "ripartire da Cristo significa avere familiarità con Lui, avere questa familiarità con Gesù" per creare un "movimento di “sistole - diastole”: unione con Gesù - incontro con l’altro". (Discorso ai partecipanti al congresso internazionale sulla catechesi)
SantaTeresa di Lisieux, che non ebbe salute per andare missionaria come avrebbe desiderato, consumata dalla perenne mortificazione e dall'Amore, ebbe a dire: "Muoio martire d'amore"!
La lotta per santificare, santificandosi, è quel lavoro eroico perché continuo, giornaliero, pressante nel farci vincere i nostri piccoli e grandi egoismi nel trattare con Dio e con il prossimo.
- Capire che -spesso- nella vita spirituale occorre anche un movimento contraddittorio: tornare indietro.
Tornare indietro anche per riguardare agli avvenimenti della propria vita cercando di cogliere quel filo sottile di Provvidenza, di Guida amorevole di Dio che ha ordito una trama ben ordinata per condurci da qualche parte.
Fare tesoro di questi due aspetti del "ritornare".
Viverli come quello che Papa Francesco ci esorta a vedere come un "ripartire da Cristo significa avere familiarità con Lui, avere questa familiarità con Gesù" per creare un "movimento di “sistole - diastole”: unione con Gesù - incontro con l’altro". (Discorso ai partecipanti al congresso internazionale sulla catechesi)
In qualche altra occasione, il "tornare indietro" da Gesù può anche essere l'espressione di un sincero pentimento, come accade a San Pietro, che dopo averLo rinnegato, pentito, si volta indietro a guardarLo.
La vita spirituale non è sempre un percorso in linea retta protesa verso un'unica direzione.
Va messa in conto -con un sobrio e sano realismo- anche la debolezza umana, fattore che porta -in certi casi- anche alla caduta (lieve o grave che sia).
Vorrei chiudere il cerchio di queste riflessioni con due ulteriori "appunti" di viaggio interiore.
Da un lato riprendo le tre parole chiave utilizzate da Papa Francesco nell'omelia in occasione della Giornata Mariana del 13 ottobre scorso:
La vita spirituale non è sempre un percorso in linea retta protesa verso un'unica direzione.
Va messa in conto -con un sobrio e sano realismo- anche la debolezza umana, fattore che porta -in certi casi- anche alla caduta (lieve o grave che sia).
Vorrei chiudere il cerchio di queste riflessioni con due ulteriori "appunti" di viaggio interiore.
Da un lato riprendo le tre parole chiave utilizzate da Papa Francesco nell'omelia in occasione della Giornata Mariana del 13 ottobre scorso:
GRAZIE SCUSA PERMESSO
Sono gli stessi atteggiamenti cui ci invitano la Parola e le meditazioni sul santificarsi per santificare.
Ringraziare per i doni ricevuti da Dio;
chiedere scusa nel tornare sempre alla Fonte, a Lui che è sorgente di ogni santità; scusa quando vogliamo ricaricare le batterie spirituali, scusa quando abbiamo sbagliato, scusa quando ci rendiamo conto che la nostra superbia non ci consente di fare tutto da soli, perché Egli stesso ci avvisa: "Senza di me non potete fare nulla" (Gv 15,5);
entrare nella vita degli altri non con l'irruenza di chi "pretende" (neanche Dio pretende, ma ci lascia liberi!), bensì con la delicatezza di chi -saggiamente- con la virtù della prudenza sa farsi spazio nei tempi e coi modi giusti.
Le forzature non ottengono niente da nessuno -e la psicologia dei bambini aiuta nel comprenderlo-, mentre la dolcezza, la discrezione, la "diplomazia" pur nella fermezza della verità, possono fare molto.
Occorre sempre conciliare la Carità nella Verità e la Verità nella Carità, come ci ha spesso ripetuto Benedetto XVI.
L'impegno deve essere costante, umile, evangelico, ma -come affermò Sant'Agostino-:
"Chi salva un'anima, ha salvato la propria".
Maria Santissima, Madre dolce, forte, caritatevole e sempre umilissima nel rendimento di Grazie, ci insegni l'arte del santificarci per santificare, Lei che è non solo Madre, ma anche Maestra, alla scuola del Figlio.
Lei che è Regina di tutti i Santi!
Sono gli stessi atteggiamenti cui ci invitano la Parola e le meditazioni sul santificarsi per santificare.
Ringraziare per i doni ricevuti da Dio;
chiedere scusa nel tornare sempre alla Fonte, a Lui che è sorgente di ogni santità; scusa quando vogliamo ricaricare le batterie spirituali, scusa quando abbiamo sbagliato, scusa quando ci rendiamo conto che la nostra superbia non ci consente di fare tutto da soli, perché Egli stesso ci avvisa: "Senza di me non potete fare nulla" (Gv 15,5);
entrare nella vita degli altri non con l'irruenza di chi "pretende" (neanche Dio pretende, ma ci lascia liberi!), bensì con la delicatezza di chi -saggiamente- con la virtù della prudenza sa farsi spazio nei tempi e coi modi giusti.
Le forzature non ottengono niente da nessuno -e la psicologia dei bambini aiuta nel comprenderlo-, mentre la dolcezza, la discrezione, la "diplomazia" pur nella fermezza della verità, possono fare molto.
Occorre sempre conciliare la Carità nella Verità e la Verità nella Carità, come ci ha spesso ripetuto Benedetto XVI.
L'impegno deve essere costante, umile, evangelico, ma -come affermò Sant'Agostino-:
"Chi salva un'anima, ha salvato la propria".
Maria Santissima, Madre dolce, forte, caritatevole e sempre umilissima nel rendimento di Grazie, ci insegni l'arte del santificarci per santificare, Lei che è non solo Madre, ma anche Maestra, alla scuola del Figlio.
Lei che è Regina di tutti i Santi!
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