Ho avuto un po' di titubanza prima di cominciare a buttar giù queste righe.
Già fin da stamattina, pensando a come concludere anche qui questo Anno della Fede che è stato un vero dono di Grazia, mi chiedevo: è utile o "giusto" dare la mia personale testimonianza?
Poco fa, rispondendo ad un post su facebook, scritto da un'amica suora (che ringrazio di tutto cuore!), mi sono convinta a iniziare...
Sì, è "bello" condividere l'esperienza personale dell'Annus Fidei.
Ovvio, non in versione integrale, ma come idea generale, come briciole di riflessione che possano rimanere quasi come "rilegatura" di questi 13 mesi.
In fondo, essere uomini e donne di fede implica innanzitutto dare TESTIMONIANZA.
La fede vissuta con coerenza è il primo specchio di quello che c'è dentro di noi.
Senza un'esteriorità conforme all'interiorità dell'uomo, la testimonianza diviene fragile e la capacità di convincere o di invogliare altri a seguire il percorso del cristianesimo, forse nulla o comunque poco incisiva.
Il mio Annus Fidei è stato un anno di "prove", su vari fronti, e specialmente di una che mi è capitata fra capo e collo, inattesa e un po' spiazzante.
Tutto questo mi ha portata a vivere questo periodo con intensità, consapevole che nemmeno le mie vicende personali fossero un caso, casualmente nell'Anno della Fede.
Il Signore mi ha chiesto qualcosa, nel momento in cui il mio impegno di membro della Chiesa doveva essere quello di testimoniare la mia Fede.
Ho veramente fatto mie le parole che anche un amico sacerdote mi ha spesso ripetuto: "Vivi con impegno questo Anno della Fede"!.
Tirando ora le somme, a conclusione di questo periodo di vita non solo "mia", ma come figlia della Santa Madre Chiesa, vorrei allora mettere a fuoco una sorta di "bilancio".
La prima cosa che pongo come punto di partenza è questa: credo fermamente che un cattolico abbia una marcia in più, in momenti di difficoltà, sofferenza, compartecipazione al dolore di altri.
Questa marcia in più è la FEDE.
La Fede che è ben più di un appiglio.
L'appiglio può essere uno di quegli speroni di roccia "aspra", che in breve tempo ti graffiano così tanto la mano, da non renderti più capace di continuare a tenerlo ben stretto, aumentando il livello di difficoltà, fin quando o non ti lasci andare, o cominci a rovinarti un arto...
L'appiglio può essere uno sperone così friabile che, col passare dei minuti, si sbriciola nella tua mano, lasciandoti cadere nel vuoto.
L'appiglio può essere anche resistente e "liscio", ma ti può mancare la resistenza fisica nella mano: così, resisti e resisti, na alla fine molli la presa e parti per la "discesa libera".
No, la Fede non è semplicemente un appiglio.
La FEDE E' UNA BASE SULLA QUALE POGGI CON SICUREZZA I TUOI PIEDI, anche nei momenti più dolorosi e apparentemente capaci di sconvolgere ritmi, abitudini, progetti. Anche nei momenti in cui cogli la sofferenza di chi ti sta vicino e la senti come tua.
La Fede è quel "terreno" certo sul quale camminare. SEMPRE.
La Parola di Dio è piena di questo concetto, specialmente nei Salmi, laddove si parla di camminare nella verità del Signore (Sal 26,3) o nelle Sue Vie (Sal 17, 5) e ancora, laddove si dice che Dio stesso spiana la via ai nostri passi (Sal 18).
La Parola di Dio è piena di questo concetto, specialmente nei Salmi, laddove si parla di camminare nella verità del Signore (Sal 26,3) o nelle Sue Vie (Sal 17, 5) e ancora, laddove si dice che Dio stesso spiana la via ai nostri passi (Sal 18).
Nel Salmo 40 si trovano dei versetti che fanno proprio percepire la Fede non come roccia-appiglio, ma come roccia-BASE:
Mi ha tratto dalla fossa della morte,
dal fango della palude;
i miei piedi ha stabilito sulla roccia,
ha reso sicuri i miei passi.
(Sal 40,3)
Se gli eventi improvvisi e dolorosi che ci colgono strada facendo, vengono vissuti con questo spirito, la prospettiva delle situazioni cambia totalmente.
Non diminuisce il dolore, non scompare la fatica...ma....
Sperimentiamo, innanzitutto, la FORZA che la FEDE COME FIDUCIA IN DIO comunica al nostro cuore anche nei momenti di sconforto e di paura.
Sapere che Dio è Padre di Provvidenza, Padre che attraverso TUTTE le vicende della vita vuole condurci al bene, consente all'uomo di guardare con FERMEZZA interiore anche le situazioni difficili.
L'eco del nostro andare avanti diviene quella convinzione paolina secondo la quale "tutto concorre al bene di coloro che amano Dio" (Rm 8,28) .
Sembra strano, ma la FEDE CRESCE QUANDO VIVIAMO DI FEDE.
Il grido accorato degli apostoli "Signore, aumenta la nostra fede"! (Lc 17,16) diventa in noi una CERTEZZA.
La FEDE SI INCREMENTA NEL MOMENTO STESSO IN CUI LA "REALIZZIAMO" IN NOI COME ESPERIENZA CONCRETA!
La Fede ci offre poi il CONFORTO DELLA PREGHIERA, che realizzandosi come "dialogo" con un Dio-Amore placa le paure del nostro cuore e ci pone completamente a disposizione dei Suoi progetti.
Nessun esempio potrà essere mai più elevato di quello che Cristo stesso ci dona, invocando il Padre nell'Orto degli Ulivi, prima della Passione.
Dio Figlio sa cosa sia sperimentare il dolore, pur rimettendosi alla Volontà del Padre.
C'è poi il "paradosso" apparente del credere: nella Fede, si arriva a percepire che i momenti più sofferti sono quelli che, se vissuti con questa maturità interiore, consentono all'uomo di rafforzare i legami con gli altri e con Dio stesso.
Il passaggio biblico in cui, narrando della propria morte, Gesù dice :
"Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me"(Gv 12,32), nasconde proprio questo legame inscindibile tra gioia e sofferenza.
"Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me"(Gv 12,32), nasconde proprio questo legame inscindibile tra gioia e sofferenza.
Quando è che il bambino si stringe di più alla mamma? Quando soffre, quando sta male, quando ha paura.
E' un dato "di fatto" che le esperienze concrete della vita ci dimostrano.
Non si tratta di scienza empirica, ma la "teologia" dell'Amore di Dio funziona allo stesso modo.
La sofferenza è un collante potente!
Quand'è che Giovanni Evangelista poggia il capo sul petto di Gesù?
Prima che Giuda tradisca il Maestro.
Gesù ha bisogno della presenza dell'amico più caro, l'amico più caro offre la sua compartecipazione di affetto e di dolore alla sofferenza del Verbo Incarnato!
Quand'è che Maria, Giovanni e la Maddalena si saranno sentite più unite a Cristo?
Di certo quando si sono strette attorno a Lui, ai piedi della Croce, per essere una presenza d'amore silenziosa e "condivisa".
La Fede, nei momenti di prova, credo possa essere una risorsa anche per un altro motivo: CI FA SCOPRIRE NUOVE POTENZIALITA'.
Nelle vicende stesse della vita, che ci mettono davanti alla necessità di un "riadattamento", ci la Fede ci fa scoprire nuovi mezzi per vivere deteminati momenti, per essere in grado di tirare fuori il meglio di sè anche quando si soffre, per continuare ad essere DONO PER GLI ALTRI.
Se vivo di fede so che non debbo lasciarmi andare, è mio "dovere" dare testimonianza continuando a vivere la mia vita con allegria, con condivisione dei talenti, con impegno.
La Fede è una "porta" che non debbo mai "chiudere"!
Paradossalmente, la sofferenza vissuta alla luce della Fede come Volontà del Padre è il MOMENTO PIU' CREATIVO DELL' ESISTENZA UMANA.
Capovalori come scritti ed opere caritatevoli o spirituali di molti santi sono fioriti nei momenti più buii delle loro vite spirituali e terrene.
Lo stesso "capolavoro" di Dio, cioè la Redenzione, è scaturito dal dolore della Croce!
La Fede diventa allora un terreno solido perché apre alla SPERANZA.
Dio mette alla prova, ma non carica mai le nostre spalle più peso di quanto sia necessario.
Affrontare i dolori con questo spirito, lascia intravedere delle luci di "risurrezione" già nel percorso che si sta compiendo.
Come a dire: il centuplo lo si ha già in itinere, se si accetta la sfida, la scommessa di "lasciare tutto" per Lui, ossia di non conformarsi alla mentalità del mondo che si ribella al soffrire, di qualsiasi natura essa sia.
Personalmente mi piace paragonare il mio Annus Fidei al Salmo 125:
Nell'andare, se ne va e piange,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con giubilo,
portando i suoi covoni.
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con giubilo,
portando i suoi covoni.
(Sal 125,6)
Van Gogh, Seminatore col sole al tramonto |
Ripenso alla "semente" da gettare nei momenti più faticosi spiritualmente e materialmente; ripenso alla speranza di quei covoni promessi dalla Parola.
Ripenso alla Fede che mi ha sostenuta come Amore di un Dio Provvidente per passare dalla semina alla raccolta.
Il "tra" come ponte di passaggio dalla semente al covone è stato lasciato alla mia buona volontà di operaia nella Vigna del Signore.
Dio non mi ha "privata" di nulla: mi ha dato il necessario.
Mi ha fornito i semi per la semina;
mi ha donato i germi di speranza nelle promesse della Sua Parola e nella Risurrezione del Suo Figlio.
Ora, guardando indietro e ripercorrendo questi mesi, credo di poter tracciare un bilancio tutto sommato positivo, che non è sinonimo di "aver fatto al meglio" (perché tutti potremmo fare sempre meglio di come siamo riusciti a fare!), ma di "essermi impegnata" per far fruttare in me, attraverso di me, con gli altri, quel dono della Fede che ho ricevuto.
Ringrazio allora il Signore, che è COLUI NEL QUALE HO FEDE;
ringrazio Papa Benedetto XVI che ha indetto questo Anno speciale, che è stato anche l'anno che ci ha dato modo di provare la nostra Fede sul piano delle vicende ecclesiali;
ringrazio Papa Francesco che ci ha donato l'enciclica Lumen Fidei come lavoro "a quattro mani";
ringrazio tutte le persone che hanno vissuto con me questo anno di sofferenza, ricerca, cammino, maturazione, rafforzamento della Fede....e anche di tante piccole gioie nel Signore.
Un grazie a Maria e Giuseppe, donna e uomo di Fede, che mi hanno accompagnata e sostenuta lungo questo cammino.
Il mio grazie speciale va a tre amici carissimi, con i quali si è creata una coesione ancora maggiore, ancora più spirituale, vissuta veramente alla luce del Signore, IN LUI E CON LUI che è fonte di ogni vera amicizia.
Ho spesso pensato, in questi mesi, al Signore che manda i discepoli e gli apostoli a due a due (Mc 6,7; Lc 10,1).
I momenti di sofferenza, quando riguardano noi e gli amici più cari, non sono semplicemente un "soffrire con".
Sono anche e soprattutto un "crescere con".
Fanno sperimentare e scoprire di più tutta la potenzialità dell'amicizia vera, che è capace -oltre che di grande condivisione e donazione di gioia- anche di grandi sacrifici per e con l'altro, di reciproco scambio di affetto e sostegno, di fiducia, di confidenze che non riusciresti a consegnare ad altri all'infuori degli amici più cari.
Il mio grazie si fa preghiera a Dio e per tutti voi!
Buona Domenica!
Nessun commento:
Posta un commento