giovedì 15 ottobre 2015

LA POVERTÀ, SCRIGNO DI MOLTI TESORI

La povertà in Santa Teresa d'Avila
Anno della Vita Consacrata 







 «La povertà è un bene che racchiude in sé 
tutti i tesori del mondo;
racchiude anche in sé il tesoro di molte virtù»

(Santa Teresa d'Avila, Cammino di perfezione, 2, 5)



Sarebbe impossibile condensare in poche righe il messaggio di Santa Teresa d'Avila sulla povertà, essendo vari i passi dei suoi scritti in cui ne parla, e particolare anche il suo modo di vivere questa virtù nel contesto religioso della sua epoca. Basti pensare a come ella volle riformare l'Ordine Carmelitano anche sotto questo profilo, decidendo che i suoi monasteri non dovessero avere rendite. «È evidente che oggi, nella maggioranza dei paesi, non è più possibile seguire letteralmente le disposizioni concrete adottate dalla Santa per le comunità della sua epoca. Eppure, se vogliamo capire il più perfettamente possibile il suo spirito, non possiamo considerarlo in maniera astratta, perché lei stessa non ce lo presenta mai sotto questo aspetto, nemmeno nei suoi sviluppi più dottrinali. Tali sviluppi debbono essere sempre riportati nel contesto della sua epoca» [1]. Ai suoi tempi, la santa fu una grande "innovatrice", ma questa sua caratteristica permane ancora oggi nella sua portata sempre rivoluzionaria, seppure con sfumature applicabili in modo diverso. 




LA POVERTÀ APOSTOLICA 

«La maniera migliore per trarre ciò che è originale ed essenziale, e quindi sempre d'attualità, nella concezione teresiana di povertà, è di sottolineare quello che noi chiamiamo il suo aspetto "apostolico". Nel linguaggio d'oggi questa parola può avere un doppio significato. Il primo, il più diffuso, è tutto quel che contribuisce all'opera divina per la salvezza delle anime. Il secondo, conosciuto soprattutto nell'antichità cristiana, si riferisce allo stile di vita degli Apostoli di Cristo. In questo senso, una persona o una comunità che si propone di imitare la vita degli Apostoli, si dice "apostolica". Per quanto ne sappiamo, le parole "apostolico" ed anche "evangelico" non sono frequenti negli scritti di Santa Teresa. Quel che vorremmo, in compenso, dimostrare qui, è che la realtà significativa di questa parola, nell'accezione attuale che abbiamo appena sottolineato, s'incontra continuamente quando la Santa parla di povertà; e l'unione armoniosa di questi due significati dà il senso del pensiero teresiano su questo consiglio evangelico. Potremmo riassumere come segue. Il primo senso della parola "apostolico", quello che si riferisce alla salvezza del mondo, ci indica la finalità ultima della povertà che Teresa propone alle sue consorelle carmelitane; è per cooperare a quest'opera divina della salvezza che esse accettano di essere povere. La loro povertà è un mezzo di apostolato. Il secondo significato indica la maniera di essere di questa povertà, il suo "stile" particolare: per poter contribuire efficacemente alla salvezza del mondo, essa deve assomigliare il più possibile a quella che Cristo "consigliava" ai suoi Apostoli» [2]. 

Una povertà "per tutti" 

«La vita consacrata è chiamata a perseguire una sincera sinergia tra tutte le vocazioni nella Chiesa, a partire dai presbiteri e dai laici, così da "far crescere la spiritualità della comunione prima di tutto al proprio interno e poi nella stessa comunità ecclesiale e oltre i suoi confini", così ha scritto papa Francesco nella Lettera Apostolica indirizzata a tutti i consacrati [3]. 




Le parole del Pontefice permettono di "rileggere" il concetto di povertà espresso da santa Teresa come qualcosa che va incarnato nella vita non solo dei consacrati, ma anche dei laici. D'altronde, il primo insegnamento sulla povertà "evangelica" è venuto da Gesù Cristo, che non ha semplicemente invitato il giovane ricco a una sequela "totale", che implicava il dare ai poveri tutte le sue ricchezze (cfr. Mc 10, 21), ma che ha parlato, in via generale, di quanto sia necessario, per i ricchi, non rimanere attaccati alle proprie ricchezze , ma pensare, piuttosto, ad accumulare tesori in cielo (cfr. Mt 6, 19-21).
La scelta radicale della povertà dei consacrati, diventa, allora, uno stimolo per i laici a vivere in senso "evangelico" il rapporto con le cose materiali: queste ultime non possono mai diventare degli idoli, degli "dei" alternativi. Già il Salmista aveva sottolineato la necessità di vivere in quest'ottica la relazione con i beni terreni: «Alla ricchezza, anche se abbonda/ non attaccate il cuore» (Sal 62,11).

POVERTÀ E PROVVIDENZA
«E QUESTE COSE VI SARANNO DATE IN AGGIUNTA... »

Nel Cammino di Perfezione, Santa Teresa rivolge un discorso apparentemente "duro" alle sue figlie: «Quando ci vengono a chiedere certe cose, di pregare Sua Maestà perché conceda rendite e denaro, io me ne rido, ma ne sono anche addolorata. Tale richiesta viene proprio da alcune persone che io vorrei supplicassero Dio di poter calpestare tutto. Esse hanno buone intenzioni, e, in fondo, si finisce col farlo, anche se io sono sicura di non essere mai ascoltata in questo genere di preghiere. Il mondo è in fiamme; vogliono nuovamente condannare Cristo, come si dice, raccogliendo contro di lui mille testimonianze; vogliono denigrare la sua Chiesa, e dobbiamo sprecare il tempo nel chiedere cose che, se per caso Dio ce le concedesse, ci farebbero avere un'anima di meno in cielo? No, sorelle mie, non è il momento di trattare con Dio d'interessi di poca importanza. Certo è, se non fosse per venire incontro alla debolezza umana, che si consola nel sentirsi aiutata in tutto, sarei lieta di far capire a tutti che non sono queste le cose di cui si deve supplicare Dio, [nel monastero di] san Giuseppe» [4].
Il Vangelo illumina il senso delle parole della santa e offre una chiave interpretativa ancora più chiara di esse. In Lc, 12, 22-32, Gesù affronta il discorso sulla Provvidenza e invita l'uomo a non affannarsi per il vestito, il cibo e per tutto ciò che concerne l'aspetto materiale della vita... fino alla vita stessa, intesa come esistenza semplicemente "biologica". Il Padre sa che la creatura umana ha bisogno di queste cose e provvederà a esse. Per tale motivo, il Maestro spinge a volgere lo sguardo sulla natura, specchio di questa ordinata Provvidenza divina: «Guardate i corvi: non seminano e non mietono, non hanno dispensa né granaio, eppure Dio li nutre» e «Guardate come crescono i gigli: non faticano e non filano. Eppure io vi dico: neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro». Quasi come fosse un ritornello, Gesù insiste su un concetto: l'uomo vale più degli uccelli, l'uomo vale più dell'erba che oggi c'è e domani si getta nel forno. L'uomo può vivere di Provvidenza se ha fede, se acquisisce consapevolezza del proprio valore agli occhi di Dio.
La vita spirituale (la vita eterna), vale infinitamente di più di quella biologica, materiale, terrena. Solo in quella vita, chi avrà perduto la propria vita, l'avrà definitivamente messa in salvo (cfr.  Mt 10, 39). L'esistenza ultraterrena dei beati sarà la pienezza dell'uomo: anima e corpo.
Perciò l'invito finale di Gesù è semplice, nella sua grandezza: «Cercate piuttosto il suo regno, e queste cose vi saranno date in aggiunta». 
È proprio questo il senso di quello che scrive anche santa Teresa.

La Provvidenza provvede ai "poveri"

«Non pensate, sorelle mie, che, per questo non dobbiate avere di che mangiare, ve l'assicuro io. Non cercate mai di sostentarvi con artifizi umani, perché morirete di fame e giustamente. Tenete gli occhi fissi sul vostro Sposo; è lui a dovervi provvedere del necessario. Una volta che egli è contento di voi, anche coloro che vi sono meno affezionati vi daranno da mangiare, loro malgrado, come l'esperienza ivi ha fatto costatare. Non dimenticatelo mai, per amor di Dio, figlie mie: poiché avete rinunciato alle rendite, rinunciate ugualmente a ogni preoccupazione circa il vostro nutrimento, altrimenti tutto sarebbe perduto» [5].
Teresa arriva al nocciolo della povertà secondo il Vangelo: non una pura e semplice spoliazione "materiale" dei beni materiali, ma la spoliazione di essi dal cuore, il distacco interiore dall'affanno per le cose terrene, per aprire il cuore alla fiducia in un Dio che è Padre provvidente. Questa spiritualità teresiana arriva anche alla comprensione di quello che sfugge a chi legge gli insegnamenti di Gesù in maniera superficiale. Perché, in certi casi, Dio permette una povertà apparentemente senza intervenire con la sua Provvidenza? Qui si rientra nell'alveo degli imprescrutabili disegni divini, quelli che san Paolo definisce in poche righe asserendo che «tutto concorre al bene per quelli che amano Dio» (Rm 8,28).
Santa Teresa scrive infatti alle sue monache: «Noi siamo venute qui seguendo la sua chiamata; le sue parole sono veritiere, perciò si realizzano sempre. Non veniamogli meno noi e non temiamo che egli ci venga meno. E, se talvolta egli ci verrà meno, sarà per un maggior bene, come accadeva ai santi che, quando venivano uccisi per il Signore, vedevano aumentare la gloria a causa del martirio» [6].

Povertà: madre e muro della vita consacrata

Rivolgendosi ai consacrati, papa Francesco ha ricordato che «Sant’Ignazio diceva che la povertà è la madre e anche il muro della vita  consacrata. È madre la povertà, perché dà vita, e il muro protegge dalla mondanità» [7]. Santa Teresa la pensa allo stesso modo. Scrive alle sue monache: «Meno si possiede, più si è liberi da preoccupazioni, e il Signore sa che mi pare in verità di avere maggior pena quando le elemosine abbondano che non quando ci mancano. Non so se ciò avvenga per avere armai visto che il Signore ci viene subito in aiuto. Dove esistessero preoccupazioni esagerate di avere elemosine, una volta o l'altra si finisce col contrarne l'abitudine e con l'andare a chiedere ciò che non è necessario a chi forse ha più bisogno di noi. Anche se i benefattori, lungi dal perdere alcunché, non potrebbero che guadagnare, noi perderemmo di sicuro. In nessun modo, dunque, dovete preoccuparvi di questo; e se la più giovane tra voi venisse a scoprire per caso una tale propensione in questa casa, invochi Sua Maestà e lo faccia presente alla maggiore. Con umiltà le dica che è in errore e che, così facendo, a poco a poco si arriverà alla perdita della vera povertà. La povertà è un bene che racchiude in sé tutti i tesori del mondo; racchiude anche in sé il tesoro di molte virtù. La povertà ci assicura un gran dominio, intendo dire che ci rende padroni di tutti i beni terreni, dal momento che ce li fa disprezzare. E se dicessi che si pone in autorità su tutti questi beni, non mentirei. Che m'importa, infatti, dei re e dei potenti se non voglio le loro ricchezze, né intendo compiacere a essi, quando per causa loro mi può accadere di dover dispiacere, sia pur poco, a Dio? Manderei tutto a male: mi sembra infatti che onori e denaro vadano sempre di pari passo. Chi desidera gli onori non disprezza le ricchezze, mentre chi disprezza le ricchezze poco si cura degli onori. La povertà che si abbraccia solo per Dio non ha bisogno di contentare nessuno tranne lui: ora, è fuor d'ogni dubbio che, non avendo bisogno di nessuno, si abbiano molti amici» [8].
La povertà diventa, dunque, citando ancora sant'Ignazio, "madre" perché consente di coltivare con più libertà la vita spirituale; ottiene tutto distaccando l'uomo dall'affanno per i beni materiali, e facendolo abbandonare a Dio soltanto; consente di instaurare amicizie disinteressate.
È anche "muro", che protegge dall'insidia dell'avidità, degli onori, delle preoccupazioni esagerate per il superfluo, dal desiderio sfrenato di apparire; da quelle che papa Francesco definisce "mondanità".
La povertà è - tornando a santa Teresa - uno scrigno che racchiude molti tesori.
D'altronde, la "povertà" della carne umana di Cristo, "racchiude", come scrigno prezioso, il tesoro dei tesori: Dio stesso.


NOTE


[1] Secretariatus Generalis Pro Monialibus O.C.C. - Romae, Progetto di riflessione teologico spirituale delle Monache Carmelitane Scalze, La povertà "apostolica" delle Carmelitane secondo Santa Teresa di Gesù, http://www.ocd.pcn.net/nuns/n8_it.htm 
[2] Ibidem.
[3] Francesco, Lettera Apostolica a tutti i consacrati, in occasione dell'Anno della Vita Consacrata, II, 3; 28 novembre 2014.
[4] Teresa d'Avila, Cammino di Perfezione (Escorial), 1, 5; Opere Complete, Paoline, 2000, pp. 487-488.
[5] Ibidem, 2, 1; p. 488. 
[6]  Ibidem, 2,2; p. 489.
[7] Francesco, Udienza ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica; 27 novembre 2014.
[8] Teresa d'Avila, ult. cit., 2, 3-6; pp. 489-491.

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