La Parola di verità divide o unisce?
Riflessioni sul Vangelo
La Parola di Dio non usa le mezze misure, non ama i mezzi termini: proclama per intero la Verità. Per l'uomo diventa dunque "duro", a volte, confrontarsi con Gesù, specialmente quando Egli ricorre a paradossi pedagogici, che minano le sicurezze dell'essere umano e la sua idea di tranquillità. Proprio come accade nel Vangelo di Luca, quando il Maestro afferma di essere venuto a portare la «divisione» e non la pace.
La Parola, allora, è Verità che unisce, divide, o completa?
«Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? No, io vi dico, ma divisione. D'ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera». (Lc 12, 51-53)
«La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio;
essa penetra fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, fino alle giunture
e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore»
(Eb 4,12)
«Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli;
conoscerete la verità e la verità vi farà liberi»
(Gv 8,3)
«Dio dice che bisogna amare il nostro nemico. È difficile, però...
Ma si può cominciare dicendo la verità.
Nessuno mi aveva mai chiesto cosa provavo a essere me stessa.
Quando ho detto la verità... Mi sono sentita libera»
(dal film The Help)
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IL PARADOSSO : DALLA PAROLA ALLA VERITÀ
Dinanzi al brano di Lc 12, 51-53, la reazione degli uditori è spesso di stupore e (probabilmente) anche di una punta di incredulità: come può, Gesù, dire di essere venuto a portare la spada, la guerra, Lui che la Scrittura identifica come il «principe della pace» (Is 9,5) e che si manifesta e si proclama un re diverso da tutti gli altri, un re venuto «per farsi servire e non per essere servito» (Mt 20,28)?
Le pericopi lucane contengono un paradosso - elemento in cui spesso si imbatte il lettore del Vangelo - : «Affermazione, proposizione, tesi, opinione che, per il suo contenuto o per la forma in cui è espressa, appare contraria all’opinione comune o alla verosimiglianza e riesce perciò sorprendente o incredibile» [1].
Gesù è Parola «dura»
«Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?» (Gv 6,60), chiedono a Gesù «molti dei suoi discepoli dopo aver ascoltato» il discorso del Maestro sul "Pane della vita" (cfr. Gv 6, 22-58). Si tratta di un contesto completamente diverso da quello affrontato da Luca (e su cui vertono queste riflessioni), ma il sentimento di fondo manifestato nella domanda degli uditori in quel momento è esattamente lo stesso che coglie l'ascoltatore a confronto con le pericopi lucane. Gesù è la Parola del Padre, Gesù è la Seconda Persona di un Dio che è Amore, e, tuttavia, confrontarsi con la Parola di Dio - con il Verbo Incarnato - è un'esperienza "dura". L'uomo è costretto a sbattere contro molti muri: la propria ostinazione, la propria cecità, gli egoismi, gli arrivismi. Finanche contro i meccanismi semplici, facilitati, che egli vorrebbe attuare per vivere "bene", adagiandosi in un quietismo che è molto lontano dalla vera dimensione della fede vissuta. La "durezza" della Parola, allora, risiede nel fatto che Essa sveli all'uomo la verità su se stesso in maniera chiara, diretta, senza mezzi termini, anche con una certa "crudezza" e che sveli anche la verità su ciò che sia realmente dare inizio all'esperienza cristiana.
La verità rende liberi... ma a quale prezzo?
La Parola è "verità" in due direzioni: verticale e orizzontale
La prima direzione è quella che svela Dio all'uomo; la seconda, quella che svela l'uomo a se stesso. Conoscere Dio non serve alla creatura per rimanere ancorata a una fede "isolante". Conoscere Dio svela all'essere umano la differenza abissale tra il cuore del Creatore e quello della creatura e rivela così che la fede è una... lotta. La fede è lotta contro le barriere interiori del proprio io (l'egoismo, l'invidia, l'arroganza etc. etc.), ma anche contro quelle altrui. La Parola penetra nelle profondità dell'essere umano e lo fa apparire così come egli è veramente: capace (anche) di miserie, meschinità, brutture. Chi vuol farsi liberare dalla Verità deve lasciarsi scrutare da Essa, come se si ponesse dinanzi a uno specchio, capace di riflettere l'immagine reale di ciascun essere umano. A confronto con la Parola, se questo confronto è serio e sincero - l'uomo non può sfuggire dal riconoscere i propri difetti, le proprie mancanze, le proprie negligenze, i propri errori. Così come l'uomo, guardando la società umana attraverso lo specchio della Parola, non può fare a meno di vederne i mali e le devianze morali, etiche, religiose, psicologiche e filantropiche. Da questo nasce il problema della "divisione".
L'uomo è capace di accettare la Verità?
Le divisioni sorgono dall'incapacità di accettare ciò che la Verità rivela, all'uomo, di Dio, di se stesso e del mondo. Ecco perché si innescano meccanismi belligeranti che dividono padri e figli, suocere e nuore, madri e figli, secondo quanto asserisce Gesù nel Vangelo di Luca. Testimoniare la Verità a chi non la riconosce (e, dunque, a chi la rifiuta come specchio in cui valutarsi) implica la creazione di un'apparente muro divisorio tra chi la proclama e chi la rigetta. La Parola, quale spada che penetra nel cuore umano, per discernerne i pensieri e i sentimenti, diventa una spada che separa il fratello dal fratello, le minoranze dalle masse, i poveri dai ricchi, i deboli dai forti. Come può sentirsi libero, all'interno di questo contesto, chi accoglie la Verità?
DALLA PAURA ALLA LIBERTÀ
Solo superando la paura di vivere nella Verità e di annunciarla, l'uomo può conquistare la vera libertà del cuore. Rimanere in una dimensione di "adoratori notturni", come Nicodemo (cfr. Gv 3, 1-2) dimezza la completezza dell'essere umano perché porta a reprimere una parte dell'io, quella della relazione con Dio, relegandola a un piano puramente personale, introspettivo. La fede ha anche una dimensione "in uscita", termine spesso utilizzato anche da papa Francesco, che nella verità si spiega anche nei termini della correzione fraterna e della necessità di annunciare senza timore, come viene esplicitamente detto da Gesù, sempre nel Vangelo di Luca:
«Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo: "Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!". Alcuni farisei tra la folla gli dissero: "Maestro, rimprovera i tuoi discepoli". Ma egli rispose: "Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre" (Lc 19, 37-40)
e come si legge anche negli Atti degli Apostoli: «Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4.20).
La verità rende libero l'uomo perché parlare e agire secondo verità è liberare le proprie energie interiori:
[1] Paradosso, Enciclopedia Treccani
Le pericopi lucane contengono un paradosso - elemento in cui spesso si imbatte il lettore del Vangelo - : «Affermazione, proposizione, tesi, opinione che, per il suo contenuto o per la forma in cui è espressa, appare contraria all’opinione comune o alla verosimiglianza e riesce perciò sorprendente o incredibile» [1].
Gesù è Parola «dura»
«Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?» (Gv 6,60), chiedono a Gesù «molti dei suoi discepoli dopo aver ascoltato» il discorso del Maestro sul "Pane della vita" (cfr. Gv 6, 22-58). Si tratta di un contesto completamente diverso da quello affrontato da Luca (e su cui vertono queste riflessioni), ma il sentimento di fondo manifestato nella domanda degli uditori in quel momento è esattamente lo stesso che coglie l'ascoltatore a confronto con le pericopi lucane. Gesù è la Parola del Padre, Gesù è la Seconda Persona di un Dio che è Amore, e, tuttavia, confrontarsi con la Parola di Dio - con il Verbo Incarnato - è un'esperienza "dura". L'uomo è costretto a sbattere contro molti muri: la propria ostinazione, la propria cecità, gli egoismi, gli arrivismi. Finanche contro i meccanismi semplici, facilitati, che egli vorrebbe attuare per vivere "bene", adagiandosi in un quietismo che è molto lontano dalla vera dimensione della fede vissuta. La "durezza" della Parola, allora, risiede nel fatto che Essa sveli all'uomo la verità su se stesso in maniera chiara, diretta, senza mezzi termini, anche con una certa "crudezza" e che sveli anche la verità su ciò che sia realmente dare inizio all'esperienza cristiana.
La verità rende liberi... ma a quale prezzo?
La Parola è "verità" in due direzioni: verticale e orizzontale
La prima direzione è quella che svela Dio all'uomo; la seconda, quella che svela l'uomo a se stesso. Conoscere Dio non serve alla creatura per rimanere ancorata a una fede "isolante". Conoscere Dio svela all'essere umano la differenza abissale tra il cuore del Creatore e quello della creatura e rivela così che la fede è una... lotta. La fede è lotta contro le barriere interiori del proprio io (l'egoismo, l'invidia, l'arroganza etc. etc.), ma anche contro quelle altrui. La Parola penetra nelle profondità dell'essere umano e lo fa apparire così come egli è veramente: capace (anche) di miserie, meschinità, brutture. Chi vuol farsi liberare dalla Verità deve lasciarsi scrutare da Essa, come se si ponesse dinanzi a uno specchio, capace di riflettere l'immagine reale di ciascun essere umano. A confronto con la Parola, se questo confronto è serio e sincero - l'uomo non può sfuggire dal riconoscere i propri difetti, le proprie mancanze, le proprie negligenze, i propri errori. Così come l'uomo, guardando la società umana attraverso lo specchio della Parola, non può fare a meno di vederne i mali e le devianze morali, etiche, religiose, psicologiche e filantropiche. Da questo nasce il problema della "divisione".
L'uomo è capace di accettare la Verità?
Le divisioni sorgono dall'incapacità di accettare ciò che la Verità rivela, all'uomo, di Dio, di se stesso e del mondo. Ecco perché si innescano meccanismi belligeranti che dividono padri e figli, suocere e nuore, madri e figli, secondo quanto asserisce Gesù nel Vangelo di Luca. Testimoniare la Verità a chi non la riconosce (e, dunque, a chi la rifiuta come specchio in cui valutarsi) implica la creazione di un'apparente muro divisorio tra chi la proclama e chi la rigetta. La Parola, quale spada che penetra nel cuore umano, per discernerne i pensieri e i sentimenti, diventa una spada che separa il fratello dal fratello, le minoranze dalle masse, i poveri dai ricchi, i deboli dai forti. Come può sentirsi libero, all'interno di questo contesto, chi accoglie la Verità?
DALLA PAURA ALLA LIBERTÀ
Solo superando la paura di vivere nella Verità e di annunciarla, l'uomo può conquistare la vera libertà del cuore. Rimanere in una dimensione di "adoratori notturni", come Nicodemo (cfr. Gv 3, 1-2) dimezza la completezza dell'essere umano perché porta a reprimere una parte dell'io, quella della relazione con Dio, relegandola a un piano puramente personale, introspettivo. La fede ha anche una dimensione "in uscita", termine spesso utilizzato anche da papa Francesco, che nella verità si spiega anche nei termini della correzione fraterna e della necessità di annunciare senza timore, come viene esplicitamente detto da Gesù, sempre nel Vangelo di Luca:
«Era ormai vicino alla discesa del monte degli Ulivi, quando tutta la folla dei discepoli, pieni di gioia, cominciò a lodare Dio a gran voce per tutti i prodigi che avevano veduto, dicendo: "Benedetto colui che viene, il re, nel nome del Signore. Pace in cielo e gloria nel più alto dei cieli!". Alcuni farisei tra la folla gli dissero: "Maestro, rimprovera i tuoi discepoli". Ma egli rispose: "Io vi dico che, se questi taceranno, grideranno le pietre" (Lc 19, 37-40)
e come si legge anche negli Atti degli Apostoli: «Noi non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» (At 4.20).
La verità rende libero l'uomo perché parlare e agire secondo verità è liberare le proprie energie interiori:
- essendo completamente se stessi, nel rapporto con Dio, vedendosi per quello che si è: creature imperfette;
- avvicinandosi all'altro offrendogli un bene reale, vero, disinteressato;
- amando, in sintesi, il proprio "nemico": quello che alberga nel proprio cuore (sotto forma di imperfezioni, concupiscenza, difetti, tentazioni); quello che si annida nelle ostinazioni e nelle cecità altrui, nelle piaghe etiche e morali che affliggono il mondo.
La Verità separa il bene dal male, ma apre all'uomo la prospettiva di un amore che ama "nonostante" i limiti dell'essere umano. La divisione non è, dunque, un dis-amore, ma un amore più grande. Un amore che tende a far raggiungere a se stessi e all'altro, un bene ancora mancante, una fioritura del vero io, e, soprattutto, il vero e unico Bene.
NOTE
[1] Paradosso, Enciclopedia Treccani
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