venerdì 4 settembre 2015

«STARE INSIEME E' LA NOSTRA CHIAMATA»

La testimonianza di V., sposa e mamma

 Vocazione al matrimonio 




Cari amici, 
ci avviciniamo sempre di più alla seconda e definitiva sessione del Sinodo sulla Famiglia; stiamo inoltre vivendo un momento particolarmente delicato anche sul piano socio-politico, piano che vede coinvolti molti cattolici alle prese con numerose problematiche che intaccano l'idea "classica" e "naturale" del rapporto tra uomo e donna, della genitorialità e dell'educazione scolastica.
In una fase così "critica"- e non di rado "dissacratoria" - del concetto biblico di matrimonio e famiglia, volentieri condivido con voi una testimonianza di vocazione sponsale che una persona amica (che ringrazio di cuore!) ha voluto preparare per il blog, accogliendo con entusiasmo la mia richiesta.
Ho pensato di introdurre le sue riflessioni con le parole pronunciate da papa Francesco sul tema del "servizio" e dell'amore nella famiglia, intesa - già dal Concilio Vaticano II - quale piccola Chiesa domestica.
Il matrimonio - scrive infatti V., in accordo a quanto ci dice la Chiesa - non è l'apparato scenico in cui si svolgono le nozze, ma è ciò si costruisce gettandosi in Dio, affidandosi a Lui, nel rispondere a quella che è una vera e propria chiamata vocazionale.



Il servizio è il criterio del vero amore. Chi ama serve, si mette al servizio degli altri. E questo si impara specialmente nella famiglia, dove ci facciamo per amore servitori gli uni degli altri. Nella famiglia «si impara a chiedere permesso senza prepotenza, a dire “grazie” come espressione di sentito apprezzamento per le cose che riceviamo, a dominare l’aggressività o l’avidità, e lì si impara anche a chiedere scusa quando facciamo qualcosa di male, quando litighiamo. Perché in ogni famiglia ci sono litigi. Il problema è dopo, chiedere perdono. Questi piccoli gesti di sincera cortesia aiutano a costruire una cultura della vita condivisa e del rispetto per quanto ci circonda» (Enc. Laudato si’, 213). La famiglia è l’ospedale più vicino: quando uno è malato lo curano lì, finché si può. La famiglia è la prima scuola dei bambini, è il punto di riferimento imprescindibile per i giovani, è il miglior asilo gli anziani. La famiglia costituisce la grande ricchezza sociale, che altre istituzioni non possono sostituire.  La famiglia forma anche una piccola Chiesa, la chiamiamo “Chiesa domestica”, che, oltre a dare la vita, trasmette la tenerezza e la misericordia divina. Nella famiglia la fede si mescola al latte materno: sperimentando l’amore dei genitori si sente più vicino l’amore di Dio. E nella famiglia – di questo siamo tutti testimoni – i miracoli si fanno con quello che c’è, con quello che siamo, con quello che uno ha a disposizione; e molte volte non è l’ideale, non è quello che sogniamo e neppure quello che “dovrebbe essere”. C’è un particolare che ci deve far pensare: il vino nuovo, quel vino così buono come dice il maestro di tavola alle nozze di Cana, nasce dalle giare della purificazione, vale a dire, dal luogo dove tutti avevano lasciato il loro peccato; nasce dal peggio: «dove abbondò il peccato, ha sovrabbondato la grazia» (Rm 5,20). In ciascuna delle nostre famiglie e nella famiglia comune che formiamo tutti, nulla si scarta, niente è inutile.


(Papa Francesco, Santa Messa per le famiglie, 6 luglio 2015)




«Sono felicemente sposata da 17 anni e madre di due bambine di 11 e 8 anni. 

Ricordo come fosse ora quella mattina del 5 dicembre quando, dopo una notte insonne, mi svegliai per assolvere alle consuete operazioni di "trucco e parrucco" di una sposa. Di buon ora arrivò pure il fotografo e cominciai a posare diligentemente seguendo le sue indicazioni: "guarda di qua, sorridi, girati..."
Ero frastornata. 
Avevo conosciuto mio marito quattro anni prima ed era stato amore a prima vista. 
Quando mi chiese di sposarlo - avevo 25 anni - dissi immediatamente di si! Non c’erano dubbi, eravamo innamoratissimi, eppure cominciati i preparativi mi sentii come assorbita in qualcosa di grande e importante per cui non ero pronta. Piangevo spesso, pareva che tutto accadesse in fretta senza il mio controllo. Certa di fare la cosa giusta, tuttavia ero spaventata dal “per sempre”. 
Non dimenticherò mai l’ingresso in Chiesa: c’erano le persone care della mia vita, ma vedevo solo lo sposo in fondo, vicino all’altare. Il suo sguardo mi diede la forza di percorrere la navata e di pronunciare quel che sarebbe stato per tutta la vita. Un pronunciato con gioia. Accanto a lui mi sentivo al sicuro. 
I primi anni di quel matrimonio che tanto mi aveva turbato furono caratterizzati da grande spensieratezza: lavoravamo entrambi, viaggiavamo molto, frequentavamo gli amici. Mio marito desiderava avere figli, io no. Pensavo di essere già realizzata e l’idea di mettere al mondo creature delle quali sarei stata responsabile mi intimoriva, essendo rimasta orfana a vent'anni e responsabile dei miei fratelli minori. Passarono quattro anni e il rapporto cominciò ad incrinarsi, le nostre strade divergevano. 
Il periodo buio che stavamo attraversando fu illuminato da un viaggio che ci portò a Monte Sant'Angelo. La visita alla grotta dell’Arcangelo Michele cambiò le nostre vite. Cominciammo un cammino di conversione che dura ancora. Aprimmo il cuore a Cristo e si spalancò un universo meraviglioso. 
Dopo pochi mesi ero in attesa della primogenita e con il pancione ritornammo a ringraziare San Michele. Appena tre anni dopo nacque pure la seconda bambina. 
E’ difficile trovare le parole giuste per descrivere l’incontenibile felicità che si prova a diventare genitori, un dono di amore infinito. Le nostre figlie sono la nostra benedizione. Pur sembrando il lieto fine di una bella storia d’amore, la nascita delle figlie è stata solo l’inizio di una fase più matura di quella chiamata vocazionale che è il matrimonio, cominciato pronunciando con voce rotta dall'emozione la formula che ci avrebbe legati indissolubilmente: “Io prendo te come mia sposo/a e prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia e di amarti e di rispettarti per tutta la vita”. 
Forse subito non comprendemmo in pieno la bellezza di quella promessa, eravamo ancora acerbi. Ma fu proprio l’ impegno preso davanti a Dio, quel punto fermo, a darci la forza di superare i momenti difficili che si sono presentati dopo la nascita delle figlie. La seconda bambina aveva trentasei giorni, quando fu operata d'urgenza, in fin di vita.
Ricordo esattamente cosa provai davanti alla sala operatoria: il dolore come una fitta al cuore al solo pensiero di perderla; la forza perché c’era mio marito con me - il nostro cuore batteva all'unisono per la bambina -; una strana pace in fondo all'anima perché ci eravamo messi nelle mani di Dio. Mentre operavano mia figlia non riuscivo a pregare, ma ringraziai per averla avuta anche solo per pochi giorni: pensavo al peggio. Quando la porta della sala operatoria si spalancò, il chirurgo mi abbracciò dicendo che la mia creatura si era svegliata dall'anestesia! Stava bene! (mi piace ricordare questo episodio) 
Nel postoperatorio la piccolina pianse per quattordici ore di seguito e la cullai in braccio, passeggiando e canticchiando per tutto il tempo senza rendermene conto, perché ero felice e basta (ecco cosa sono i figli!). Nel frattempo si ammalò la primogenita e, dopo diversi mesi, arrivò la diagnosi di celiachia. Anche in questo caso ricordo esattamente l’ansia, il dispiacere, la preoccupazione, e mio marito che, pur provando gli stessi miei sentimenti, riusciva a tranquillizzarmi. Senza di lui non ce l’avrei mai fatta, perché ci completiamo. Senza il desiderio di aderire ogni giorno con fiducia al progetto di Dio per noi, non ce l’avremmo mai fatta. Oggi siamo consapevoli della chiamata ricevuta, la nostra vocazione è il matrimonio, nonostante le litigate, i tanti difetti, la diversità di vedute e i caratteri che a volte appaiono incompatibili. Non siamo perfetti. Nonostante tutto alla base c’è il rispetto reciproco, l’amore e la volontà di stare uniti. Posso dire che il matrimonio non è l’abito bianco , tanto meno la location o il ricevimento che ci fu. Il matrimonio è una strada affascinante che a volte si presenta stretta e ripida, altre volte in discesa, fatta di difficoltà, tentazioni, preoccupazioni, ma anche di vera felicità e noi la percorreremo ancora nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia per tutti i giorni della nostra vita. Stare insieme è la nostra chiamata ma anche la nostra scoperta più entusiasmante e la nostra continua conquista». 

V.

1 commento:

  1. Condivido questo pensiero schietto e veritiero, perché percorrere la navata della Chiesa con il cuore in gola è il cammino della nostra vita,avendo accanto la stessa persona che ci ha stretto l mano il giorno del matrimonio.Condividere tutto, bene e male,gioia e dolore,passato,presente e futuro tenendosi per mano sempre !

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