martedì 29 settembre 2015

TRIDUO A SANTA TERESA DI LISIEUX (secondo giorno)

Carità e dimensione mariana nella spiritualità di s. Teresa di Lisieux
- Anno della Vita Consacrata -






Il logo dell'Anno della Vita Consacrata vuole comunicare un messaggio attraverso i suoi simboli:
  • «la colomba raffigura l'azione dello Spirito Santo fonte di vita e ispiratore di creatività. 
  • Le acque formate da tessere di mosaico, indicano la complessità e l’armonia degli elementi umani e cosmici che lo Spirito fa "gemere" secondo i misteriosi disegni di Dio perché convergano nell'incontro ospitale e fecondo che porta a nuova creazione.
  • Le tre stelle esprimono la circolarità e la relazionalità dell’amore trinitario che la vita consacrata cerca di vivere quotidianamente nel mondo e richiamano anche il trino sigillo aureo con cui l’iconografia bizantina onora Maria, modello e patrona di ogni vita consacrata.
  • Il piccolo globo poliedrico significa il mondo con la varietà dei popoli e delle culture. Invito ai consacrati e alle consacrate «a diventare portatori dello Spirito (pneumatophóroi), uomini e donne autenticamente spirituali, capaci di fecondare segretamente la storia» (VC 6)» [1].
Santa Teresa del Bambin Gesù e del Volto Santo, la cui memoria liturgica ricorre il 1 ottobre, ha saputo vivere in pienezza ciò che questi simboli esprimono e ha lasciato in eredità a tutti - laici e consacrati - le perle preziose, il tesoro nel campo, le cose antiche e sempre nuove che ha saputo scoprire nell'intimità con la Sapienza Divina, quella che l'ha arricchita della Scientia Amoris, consentendole di essere annoverata tra i Dottori della Chiesa.



O Dio, nostro Padre, che apri le porte del tuo regno agli umili e ai piccoli, fa' che seguiamo con serena fiducia la via tracciata da santa Teresa di Gesù Bambino, perché anche a noi si riveli la gloria del tuo volto. 
(dalla Liturgia)


LE TRE STELLE: CARITA' E DIMENSIONE MARIANA IN TERESA DI LISIEUX

La carità verso il prossimo come espressione della carità verso Dio

«Quando una sorella aveva bisogno della Serva di Dio affinché le prestasse un servizio e perciò veniva a disturbarla in un qualsiasi momento della giornata, ella era sicura d'essere sempre ben accolta: mai suor Teresa di Gesù Bambino ha manifestato noia nell'essere importunata. Era sempre pronta a far piacere, perfino a prezzo di grandi sacrifici. Quando si trovava nell'impossibilità di darci ciò che le era stato domandato, se ne scusava in una maniera così amabile, che ce ne si ritornava così soddisfatti come se elle ci avesse accordato l'oggetto della richiesta. Ella mi disse un giorno: "Non bisogna mai rifiutare niente a nessuno, anche quando ciò ci costasse molta pena. Pensate che è Gesù che vi domanda questo piccolo servizio; allora, come lo renderete con alacrità, e con un viso sempre amabile! Nella sua grande carità, scusava sempre quelle che potevano causarle della sofferenza, giudicando benevolmente le loro intenzioni. 
Le attenzioni della sua carità si indirizzavano in maniera speciale sulle sorelle che potevano donarle qualche motivo di pena. Un giorno le posi questa domanda: "Come è possibile che voi siate sempre sorridere quando suor **** vi parla?; perché non ha niente che vi possa attirare, poiché vi fa sempre soffrire". Ella mi rispose: "E' esattamente per questo che le voglio bene e le manifesto così tanto affetto; come dimostrerei il mio amore a Gesù se agisse diversamente con quelle che mi fanno soffrire?» [1].
La risposta di Teresa era pienamente corrispondente a quanto ritroviamo nel Manoscritto «B» di Storia di un'anima:
«Sì, mio Amato, ecco come si consumerà la mia vita!...  Non ho altro mezzo per provarti il mio amore che gettare fiori, cioè non lasciar sfuggire nessun piccolo sacrificio, nessuno sguardo, nessuna parola, approfittare di tutte le cose più piccole e farle per amore!» [2].
Un altro testimone ai processi di beatificazione e canonizzazione della santa, padre Godefroy Mdelaine, così si espresse: «E' noto a tutte nel Carmelo che tra le sue sorella era un angelo di pace e di carità. La Serva di Dio mi ha manifestato sovente i suoi ardenti desideri di spendersi per guadagnare le anime. Nella sua anima bruciava una fiamma apostolica. Queste aspirazioni non erano in lei pura teoria; si traducevano in atti costanti di preghiere, di buone opere e di mortificazioni» [3].

A somiglianza di Maria

Teresa non solo ama profondamente la Vergine Maria, ma vuole anche amare a imitazione della Madre Celeste. Ecco perché può scrivere, nella sua poesia Perché t'amo, Maria: 
«perché un figlio possa amar la madre sua,
essa ha da spartir con lui le pene e piangere.
La vita tua nel Vangelo santo medito,
osando guardarti ed accostarmi a te.
Non mi è difficile credermi tua figlia:
mortale e dolente come me ti vedo».


In questo accostamento di cui parla Teresa, si intravede l'altra tipica dimensione della spiritualità mariana nel Carmelo: Maria è anche "sorella".
Tutto parte però dal fatto che la Vergine sia Madre, in quanto Madre dello Sposo Unico di Teresa; come con il Figlio ha condiviso gioie e dolori, così occorre fare anche con Teresa, figlia nel Figlio.
La carità viene dunque vissuta nell'ottica di quel progetto trinitario che ha "coinvolto" Maria nel piano della Redenzione per la salvezza delle anime. La via dell'infanzia spirituale è questo amore dimostrato a Gesù, imitando quello della Madre sua, per contribuire, attraverso i "piccoli fiori" dei sacrifici quotidiani vissuti nel nascondimento e nell'umiltà, a portare le anime alla salvezza:
«T'amo, Maria, quando ti chiami serva
del Dio che tu conquisti con l'umiltà.
Per tal virtù ascosa sei onnipotente
e nel tuo cuore attiri la Trinità.
Ecco t'adombra lo Spirito d'Amore
e il Figlio uguale al Padre s'incarna in te.

Egli avrà molti fratelli peccatori,

ché Gesù si chiamerà tuo primogenito». 
Nella vocazione di Teresa (quell'essere "l'amore in grembo alla Chiesa", come ella stessa la definì nell'autobiografia) il rapporto madre-figlia tra lei e la Vergine, assume una connotazione di rapporto sorella-sorella nella familiarità, nel senso di vicinanza con Maria (elemento già espresso nella poesia) che la rende non una figura lontana, ma "prossima".
«Scrive infatti Epifanio († 403): “Maria è nostra sorella, per il fatto che noi tutti abbiamo la
nostra origine in Adamo”. Questa stessa affermazione è ripresa da molti altri scrittori patristici, prima e dopo di lui. In tempi moderni paolo VI ha sviluppato questo tema, come ad esempio nel discorso conclusivo tenuto alla terza sessione del Concilio Vaticano (21 novembre 1964): “Pur nella ricchezza delle meravigliose prerogative con le quali Dio l’ha arricchita, facendola diventare Madre del Verbo Incarnato, Maria è molto vicina a noi. È figlia di Adamo come noi e perciò è nostra sorella per legame della natura. Però essa è la creatura preservata dal peccato originale in vista dei meriti del Salvatore. Ai privilegi ottenuti, essa ha aggiunto la virtù personale di una fede totale ed esemplare”.
I concetti che il Papa sottolinea maggiormente sono la fede e l’esemplarità di Maria.
C’è sempre il pericolo che i privilegi di cui Maria gode la facciano sembrare distante dai peccatori; l’insegnamento papale, invece, mette in risalto ciò che noi abbiamo in comune con lei e cioè la nostra natura umana ereditata da Adamo e la nostra fede. Il concetto di sorella porta in sé quell’elemento della vicinanza di Maria a noi e della presenza di una compagna che ci ama, caratteristiche tipiche della mariologia carmelitana» [4].
In un certo senso, il mistero del "possedere" Dio che accomuna tanto la Vergine quanto Teresa (ma ciò dovrebbe valere, in misura diversa, valere per il battezzato che viene a ricevere Cristo sotto le Specie Eucaristiche) diventa il nucleo comune della dimensione mariana della spiritualità di Teresa, che percepisce la Madonna nel suo ruolo di Madre e sorella, di donna cui affidarsi, ma anche da imitare, non semplicemente da "contemplare" da lontano:
«Madre amata, io nella mia piccolezza
come te possiedo in me l'Onnipotente.
Ma perché son debole io non mi turbo:
i tesori della madre vanno ai figli
e io son figlia tua, diletta Madre.
Mie sono le tue virtù, mio è il tuo Amore!

E quando in cuore mi scende l'Ostia bianca,

di riposar in te crede Gesù Agnello.
Tu mi fai capire che m'è ben possibile 
l'orme tue seguir, Regina degli Eletti».
Teresa giunge all'imitazione che si fa "identificazione". D'altronde, non ha detto Gesù stesso che chiunque fa la volontà del Padre suo è per lui «sorella e madre» (cfr. Mt 12,50)? 
La Madonna ha vissuto questo rapporto con il Figlio nel totale distacco da se stessa, per diventare tutta di Dio. Così è chiamata a fare anche Teresa:
«Maria, ami noi come Gesù ci ama 
e accetti di staccarti da Lui per noi.
Amare è dare tutto e donar se stessi.
Tu l'hai mostrato restando nostro aiuto» [5].
Questo ha fatto anche Teresa di Lisieux, percorrendo il suo cammino di santità non come mezzo di autoglorificazione, ma per completare, nella sua carne, quello che manca ai patimenti di Cristo,  «a favore del suo corpo,  che è la Chiesa» (cfr. Col 1,24).


NOTE

[1] Procès de béatificazion et canonisation de Sainte Thèrese de l'Enfant-Jésus et de la Sainte-Face, Teresianum, 1973, p. 427.
[2] Santa Teresa di Gesù Bambino, Opere complete, Libreria Editrice Vaticana, Edizioni OCD, 1997, p. 225.
[3] Testimoni di Teresa di Gesù Bambino dai Processi di Beatificazione e Canonizzazione, Edizioni OCD,  2004, pp. 270-271.
[4] Christopher O'Donnell, O.Carm. , Maria, Madre e sorella, Uno studio sull'eredità spirituale dell'Ordine, http://www.latheotokos.it/programmi/carmelitani.pdfpp-21-22.
[5] Santa Teresa di Gesù Bambino, Opere complete, Libreria Editrice Vaticana, Edizioni OCD, 1997, pp. 722-723; 726.


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