Commento al Vangelo
«Chiamata di nuovo la folla, diceva loro:
"Ascoltatemi tutti e comprendete bene! Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro". E diceva [ai suoi discepoli]: "Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza. Tutte queste cose cattive vengono fuori dall’interno e rendono impuro l’uomo"». |
Gesù, attraverso le sue parole, ci lancia un avvertimento: attenzione a cosa "coltiviamo" nel nostro cuore! La pagina evangelica di oggi, XXII Domenica del Tempo Ordinario si focalizza, in sostanza, sul tema del cuore, bene evidenziato dai versetti 14-16 del capitolo 7 di Marco.
Il cuore, biblicamente parlando, identifica il centro della persona e, perciò, ne diviene l'elemento "rappresentativo". Lo esprime bene una devozione molto popolare, quella al Sacro Cuore di Gesù.
A tal proposito, così si pronunciò papa Pio XII, nell'Enciclica Haurietis Aquas:
«Il Cuore del Verbo Incarnato è considerato come il principale simbolo di quel triplice amore, col quale il Divino Redentore ha amato e continuamente ama l’Eterno Padre e l’umanità.
Esso, cioè, è anzitutto il simbolo dell’amore, che Egli ha comune col Padre e con lo Spirito Santo, ma che soltanto in Lui, perché Verbo fatto carne, si manifesta attraverso il fragile e caduco velo del corpo umano, "poiché in Esso abita corporalmente tutta la pienezza della Divinità" .
Inoltre, il Cuore di Cristo è il simbolo di quell’ardentissima carità, che, infusa nella sua anima, costituisce la preziosa dote della sua volontà umana e i cui atti sono illuminati e diretti da una duplice perfettissima scienza, la beata cioè e l’infusa.
Finalmente — e ciò in modo ancor più naturale e diretto — il Cuore di Gesù è il simbolo del suo amore sensibile, giacché il corpo del Salvatore divino, plasmato nel seno castissimo della Vergine Maria per influsso prodigioso dello Spirito Santo, supera in perfezione e quindi in capacità percettiva ogni altro organismo umano».
Il cuore è chiamato a diventare anche il "principale" simbolo di chi vuole seguire Cristo. Si interpongono qui delle domande di fondamentale importanza: quale amore esprime il nostro cuore?
Come lo custodiamo? Come viviamo il rapporto tra cuore e pensiero, tra cuore e ragione, tra cuore e istinto? Cosa "coltiviamo" nel nostro "centro"?
Il cuore come "ricevente"
L'idea del cuore come "centro" dell'essere umano fa pensare ad una serie di forze che convergono in esso: è qui che sembrano ricapitolarsi tutte le energie interiori dell'uomo. In sostanza, è nel cuore che affluisce - emotivamente e sensibilmente - tutto ciò che rappresenta "i nostri fiumi". I ragionamenti e i pensieri, le immagini catturate dai nostri occhi, i suoni percepiti dalle nostre orecchie... che vengono trasformati in "emozioni", in "sentimenti".
Cosa sentiamo?
Se il cuore è come un catalizzatore emotivo, occorre fare attenzione a cosa "bruciamo" in esso. C'è il rischio che ci lasciamo trasportare dai ragionamenti troppo umani, dalla prima impressione derivata solo da ciò che abbiamo visto/sentito e che convertiamo questi "affluenti" in propositi di vendetta, invidia, rancore, gelosie inutili, e in quanto altro ancora (di ben più grave) Gesù enumera.
Sentire non è acconsentire
Non fermiamoci ad una lettura superficiale del Vangelo.
L'uomo fa spesso l'esperienza del "sentire" invidie, rancori, gelosie. Non di rado il cuore viene toccato da desideri cattivi. Il male tenta di assalire il cuore dal di fuori e dal di dentro. I santi hanno lottato con tentazioni di ogni genere. Gesù stesso ne ha vissuto l'esperienza, durante i quaranta giorni trascorsi nel deserto (cfr. Mt 4,1-11). Il punto cruciale sta nel "vincere" su quanto di male "vorrebbe" proliferare nel nostro cuore, frutto della concupiscenza, della debolezza umana e della tentazione.
Gesù sembra fare questa sottigliezza, nel dire che dobbiamo stare attenti a ciò che facciamo uscire dal nostro cuore, non solo e non tanto a ciò che vi entra.
Il cuore come "sorgente"
Il cuore come "sorgente"
Il cuore, allora, non solo è un fiume ricevente, cui affluiscono numerose altre fonti, ma è anche una vera e propria sorgente. Le sue acque vanno, simbolicamente, bonificate da quanto potrebbe inquinarle. Come?
IN ASCOLTO E IN OSSERVANZA DELLA PAROLA
Troviamo la risposta nelle Letture di oggi, centrate sulla necessità di ascoltare la Parola e di metterla in pratica, come Parola che viene non dagli uomini, ma da Dio (ce lo ribadiscono tanto il Deuteronomio, quanto Giacomo),da un Dio che è legislatore giusto, vicino al suo popolo.
E' interessante analizzare il Salmo 15:
«Colui che cammina senza colpa,
pratica la giustizia
e dice la verità che ha nel cuore,
non sparge calunnie con la sua lingua.
Non fa danno al suo prossimo
e non lancia insulti al suo vicino.
Ai suoi occhi è spregevole il malvagio,
ma onora chi teme il Signore».
Non presta il suo denaro a usura
e non accetta doni contro l’innocente.
Colui che agisce in questo modo
resterà saldo per sempre».
La Verità alberga nel cuore
Se il cuore è il centro della persona, allora, in questo centro penetra anche la voce della coscienza, e così pure affluisce la voce di quel Dio che ci tiene in vita (e che ci ha creati dal suo soffio vitale - cfr. Gn 2,7) e che in Cristo è divenuto il Verbo Incarnato. Un Verbo con un Cuore di carne.
«Cor ad cor loquitor», «Il cuore parla al cuore», come scrisse in una lettera san Francesco di Sales, usando un'espressione che divenne poi il motto cardinalizio del beato Newman.
Se vogliamo rendere puro tutto il nostro essere dobbiamo allora imparare a custodire e meditare la Parola nel nostro cuore, sull'esempio di Maria di Nazareth (cfr. Lc 2,19). Così facendo, da esso, come da una sorgente, usciranno opere di giustizia e di carità, secondo la descrizione che ci fornisce il Salmo; proromperà anche una preghiera sincera, capace di onorare Dio non solo a parole (con le labbra), ma con il cuore, cioè con tutta la nostra persona.
La preghiera fatta col cuore
Gesù - venuto a portare a compimento la Legge e i Profeti (cfr. Mt 5,17) - nel chiedere una preghiera fatta "con il cuore" non fa altro che riformulare concetti dell'Antico Testamento. Ritroviamo infatti un rimando a Is 29,13:
La Verità alberga nel cuore
Se il cuore è il centro della persona, allora, in questo centro penetra anche la voce della coscienza, e così pure affluisce la voce di quel Dio che ci tiene in vita (e che ci ha creati dal suo soffio vitale - cfr. Gn 2,7) e che in Cristo è divenuto il Verbo Incarnato. Un Verbo con un Cuore di carne.
«Cor ad cor loquitor», «Il cuore parla al cuore», come scrisse in una lettera san Francesco di Sales, usando un'espressione che divenne poi il motto cardinalizio del beato Newman.
Se vogliamo rendere puro tutto il nostro essere dobbiamo allora imparare a custodire e meditare la Parola nel nostro cuore, sull'esempio di Maria di Nazareth (cfr. Lc 2,19). Così facendo, da esso, come da una sorgente, usciranno opere di giustizia e di carità, secondo la descrizione che ci fornisce il Salmo; proromperà anche una preghiera sincera, capace di onorare Dio non solo a parole (con le labbra), ma con il cuore, cioè con tutta la nostra persona.
La preghiera fatta col cuore
Gesù - venuto a portare a compimento la Legge e i Profeti (cfr. Mt 5,17) - nel chiedere una preghiera fatta "con il cuore" non fa altro che riformulare concetti dell'Antico Testamento. Ritroviamo infatti un rimando a Is 29,13:
«Questo popolo
si avvicina a me solo
con la sua bocca
e mi onora con le sue labbra,
mentre il suo cuore è lontano da me»
e al Deuteronomio, in cui è contenuto lo "Shemà Israel":
«Questi sono i comandi, le leggi e le norme che il Signore, vostro Dio, ha ordinato di insegnarvi, perché li mettiate in pratica, perché tu tema il Signore, tuo Dio; osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo figlio e il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti dò e così si prolunghino i tuoi giorni. Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze» (Dt 6, 1-5).
IL CUORE UMANO SIMBOLO TEOFANICO DELL'AMORE
Il passo sopracitato del Deuteronomio si conclude così:
«Questi precetti che oggi ti dò, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte» (Dt 6, 6-9).
La Parola deve inabitare il nostro cuore. Solo così esso diventerà il simbolo più eloquente della possibilità concreta, per l'uomo, di amare Dio al di sopra di ogni cosa, ma anche sé stessi e il prossimo come sé stessi (cfr. Mt 22, 37-39).
Solo così il cuore sarà - simbolicamente - quella sorgente da cui sgorgherà la Parola - assimilata, meditata, custodita - che fa luce sui nostri passi (cfr. Sal 119,105), così come dal Cuore di Cristo sono sgorgati, sul Golgota, i fiumi di acqua viva che ancora oggi ci dissetano nelle fatiche del cammino (cfr. Gv 7,38).
II nostro cuore - la nostra stessa persona - è chiamato ad essere "teofania" dell'amore divino, così come il Cuore di Cristo - Cristo stesso - è la Teofania per antonomasia di quel Dio Uno e Trino, sorgente di ogni vita, di ogni bellezza, di ogni bontà. Sorgente di tutto ciò che può saziare la fame d'amore di ogni cuore umano.
si avvicina a me solo
con la sua bocca
e mi onora con le sue labbra,
mentre il suo cuore è lontano da me»
e al Deuteronomio, in cui è contenuto lo "Shemà Israel":
«Questi sono i comandi, le leggi e le norme che il Signore, vostro Dio, ha ordinato di insegnarvi, perché li mettiate in pratica, perché tu tema il Signore, tuo Dio; osservando per tutti i giorni della tua vita, tu, il tuo figlio e il figlio del tuo figlio, tutte le sue leggi e tutti i suoi comandi che io ti dò e così si prolunghino i tuoi giorni. Ascolta, Israele: il Signore è il nostro Dio, unico è il Signore. Tu amerai il Signore, tuo Dio, con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima e con tutte le forze» (Dt 6, 1-5).
IL CUORE UMANO SIMBOLO TEOFANICO DELL'AMORE
Il passo sopracitato del Deuteronomio si conclude così:
«Questi precetti che oggi ti dò, ti stiano fissi nel cuore. Li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando ti troverai in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte» (Dt 6, 6-9).
La Parola deve inabitare il nostro cuore. Solo così esso diventerà il simbolo più eloquente della possibilità concreta, per l'uomo, di amare Dio al di sopra di ogni cosa, ma anche sé stessi e il prossimo come sé stessi (cfr. Mt 22, 37-39).
Solo così il cuore sarà - simbolicamente - quella sorgente da cui sgorgherà la Parola - assimilata, meditata, custodita - che fa luce sui nostri passi (cfr. Sal 119,105), così come dal Cuore di Cristo sono sgorgati, sul Golgota, i fiumi di acqua viva che ancora oggi ci dissetano nelle fatiche del cammino (cfr. Gv 7,38).
II nostro cuore - la nostra stessa persona - è chiamato ad essere "teofania" dell'amore divino, così come il Cuore di Cristo - Cristo stesso - è la Teofania per antonomasia di quel Dio Uno e Trino, sorgente di ogni vita, di ogni bellezza, di ogni bontà. Sorgente di tutto ciò che può saziare la fame d'amore di ogni cuore umano.
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