sabato 22 agosto 2015

REGINA PERCHE' OBBEDIENTE

Riflessioni sulla memoria liturgica di Maria Regina

 



«Scrive Giustino: “Il Figlio di Dio si è fatto uomo per mezzo della Vergine, affinché la disobbedienza provocata dal serpente fosse annullata attraverso la stessa vita per la quale prese inizio. Come infatti Eva, che era vergine e incorrotta, dopo aver accolto la parola del serpente, partorì disobbedienza e morte, allo stesso modo Maria, la Vergine, avendo ricevuto dall’Angelo Gabriele il buon annuncio che lo Spirito Santo sarebbe disceso su di lei e che la potenza dell’Altissimo l’avrebbe adombrata, concepì fede e gioia, per cui il nato da lei sarebbe stato il Figlio di Dio”.

 Sono solo poche righe eppure la loro importanza, nella storia della teologia mariana, è notevolissima. Giustino contrappone due scene: il peccato di origine e l’Annunciazione, Eva e Maria. Questa contrapposizione serve a far risaltare il contributo di Maria all’opera redentrice di suo Figlio. Tale contributo è consistito soprattutto in un atteggiamento spirituale, la sua obbedienza alla Parola di Dio. Questa obbedienza, impreziosita dal fatto che nasceva da un cuore verginale, ha reso possibile l’Incarnazione per opera dello Spirito Santo. Giustino lascia intendere che il “sì” di Maria all’annuncio dell’Angelo ha veramente cambiato la direzione della storia: non più morte per l’anima e per il corpo, la triste sorte degli uomini senza l’Incarnazione, ma vita, fede e gioia! Con questo raffronto tra Eva e Maria, Giustino fa capire che nella storia della salvezza, raccontata nella Bibbia, esiste una legge. Questa legge è l’analogia. Che cosa significa? Significa che i vari eventi con cui Dio chiama l’uomo alla salvezza si richiamano e si integrano a vicenda. Tutti però convergono verso Cristo, il centro e il perfetto compimento della salvezza. In questo intreccio di eventi e parole, la Madonna è presente con un suo ruolo insostituibile e indispensabile. La Tradizione cristiana, a partire da Giustino, ha incessantemente scrutato le Scritture per trovare adombrata la figura della Madonna in tanti episodi della Bibbia, proprio come l’autore del Dialogo a Trifone era riuscito a scoprire nel parallelismo tra Eva e Maria. Il contributo di Ireneo Questo paragone piacque tanto ai successivi Padri della Chiesa che uno di loro, Ireneo di Lione, non molti anni dopo Giustino, lo riprese e lo approfondì. Ireneo scrisse un’opera voluminosa in cinque libri, intitolata “Contro le eresie”. Negli anni in cui egli visse, nella seconda parte del secondo secolo, gli gnostici stavano confondendo le menti di molti cristiani, facendo una specie di “minestrone religioso”. Essi, infatti, mescolavano elementi della Rivelazione cristiana con i miti pagani e con dottrine della filosofia greca. Una delle conseguenze del loro insegnamento era questo: per ottenere la salvezza, Cristo non era necessario, si poteva comprendere Dio e le sue molteplici manifestazioni e salvarsi facendo ricorso alle proprie forze, in particolar modo alla propria capacità di “conoscere”. Lo gnosticismo era una specie di new age ante litteram. Pericoloso quello, pericoloso questo. Ireneo, che era dotato di una grande capacità di contraddire i suoi avversari, riesce a mostrare come tutta la storia dell’umanità si ricapitola, si riassume in Cristo e nella sua opera di redenzione. Ed ecco che, a questo punto, anche Ireneo paragona Maria ad Eva e, a differenza di Giustino, aggiunge anche un secondo parallelismo che spiega meglio il primo, Cristo ed Adamo. 
 “Era conveniente e giusto che Adamo fosse ricapitolato in Cristo, affinché la morte fosse assorbita nell’immortalità e che Eva fosse ricapitolata in Maria, affinché la Vergine, divenuta avvocata di un’altra vergine, potesse annullare e distruggere, con la sua verginale obbedienza, 
la disobbedienza verginale”. 

Questo passo di Ireneo, ed altri ancora simili a questo, illustrano un principio basilare della fede: Cristo ci ha procurato la salvezza e, per disegno del Padre, ha voluto la Madonna accanto a sé, come sua cooperatrice. Nei secoli successivi, la teologia cattolica ha adoperato un’espressione molto forte per spiegare questa cooperazione di Maria: corredenzione. Per i Padri della Chiesa, questo contributo della Vergine Maria all’opera del Nuovo Adamo, cioè suo Figlio il Cristo, “appariva giusto e conveniente”, come si esprime Ireneo nel passo che abbiamo citato. Non ci sfugga che in questo brano sant’Ireneo attribuisce alla Madonna un titolo che sarebbe poi diventato molto comune tra i cristiani. Chiama la Madonna “avvocata”. 
Non ci spiega ancora in che cosa consista questa sua prerogativa. È un compito che sarà illustrato successivamente: la Madonna intercede per i peccatori, che come Eva non obbediscono alla Parola di Dio. Uno studioso contemporaneo, commentando l’insegnamento di Ireneo sulla Madonna, osserva:
 “La dottrina attuale circa la collaborazione di Maria alla redenzione degli uomini e alla mediazione della grazia divina ha le sue lontane ma visibili radici nell’insegnamento del grande vescovo di Lione”. 
E a questo giudizio volentieri ci associamo: una meravigliosa sinfonia canta le lodi di Maria, essa è iniziata nei primi anni della storia della Chiesa con i Padri della Chiesa, e viene, lungo i secoli e senza sosta, proseguita da tutti i grandi devoti della Madonna».

don Roberto Spataro, sdb 



La memoria liturgica di oggi sospinge la nostra attenzione sul ruolo che Maria, una volta assunta in Cielo, ha definitivamente ricevuto: essere Regina della realtà celeste, ma anche e ancora di quella terrena.
La regalità non sottrae Maria alla sua "missione" di servizio: il suo regnare è un continuo intercedere per l'umanità sofferente, a volte lontana dall'eseguire il volere divino; ad ogni modo ed in ogni caso, la sua regalità è quella di colei che esercita il suo potere in favore dei propri sudditi, per contribuire al raggiungimento del loro vero bene.
Nella regalità di Maria, che anche il magistero definisce "primizia" della Chiesa, il credente intravede qualcosa di quell'aspetto del proprio triplice stato di battezzato: sacerdote, re e profeta.
Ma regnare, lo sappiamo bene, è "servire". Maria stessa, nel Vangelo di Luca, all'annunciazione risponde con quell' "ecco, sono la serva del Signore", che altro non è che un'accettazione del ruolo per lei predestinato da Dio: essere regina nel servizio.
L'obbedienza di Maria è la chiave della sua "incoronazione". Se la Vergine non avesse pronunciato i suoi tanti, innumerevoli "sì" al Signore, non avremmo una Regina come lei.
Se Maria "comanda" in Cielo e "serve" in terra, è perché ha saputo lasciarsi guidare da Dio, passo passo, per percorrere il cammino tracciato per lei.

Mi sento spesso chiedere come abbia potuto, la Madonna, essere una creatura "libera" nella sua risposta al Signore. Non era "la piena di grazia", la "concepita senza peccato originale"?
Certamente, lo era. Lo è. Lo sarà. Questo la rendeva, in un certo senso, "incapace di peccare".

Molti teologi parlano di una sua "impeccabilità estrinseca e morale, vale a dire: le fu dato un grado così alto di santità che sarebbe stato sorprendente vedere Maria commettere un peccato, dal momento che tutta la sua attrazione era verso Dio. Tale impeccabilità non si oppone alla libertà. Conservando la libertà, ha conservato anche il merito" (cf. www.amicidomenicani.it)  

Ma non dimentichiamo che in quel parallelo che i Padri della Chiesa hanno tracciato tra l'Antico e il Nuovo Testamento, definendo Maria quale "nuova Eva", possiamo trovare anche noi una risposta all' "annoso" quesito, in termini quasi, oserei dire, pratici.
Eva era stata creata senza peccato, pura, libera di scegliere. La sua libertà è stata l'arma a doppio taglio che l'ha condotta alla caduta originale.
Maria è stata creata senza peccato, in virtù dei meriti di Cristo a lei anticipatamente applicati.
Quale "nuova Eva", anche a lei è stata concessa libertà: la libertà di scegliere Dio.
E Maria ha qui segnato un percorso diverso rispetto a quello di Eva. Ha scelto Dio.
La vita di Maria è una vita di "regina" che serve nel suo continuo "sì" al Signore.
Perché se per gli angeli e per i progenitori la scelta si è compiuta in un lasso di tempo "relativamente" breve, per Maria la scelta è durata tutta la vita.
Maria ha scelto "il Re" attimo dopo attimo, giorno dopo giorno, anno dopo anno.
Maria ha rinnovato il suo "eccomi" ad ogni sofferenza, ad ogni gioia, ad ogni umiliazione, ad ogni difficoltà.
La libertà di Maria è stata liberamente orientata al Signore: possiamo immaginare con un certo realismo che, proprio perché altamente "santa", più forti saranno state nei suoi confronti le tentazioni del demonio.
In questo Maria ci precede nel cammino del nostro regnare, perché ha attraversato la vita come noi; è stata chiamata - come noi - a rinnovare di volta in volta la scelta del Bene, a rigettare di momento in momento la seduzione del tentatore.
Maria è stata regina non su un trono di gloria, ma di fede e di carità, di obbedienza e di virtù, di libertà orientata al bello, al buono, al santo, al giusto.
Se oggi ricordiamo, dunque, la sua incoronazione quale Regina assunta in Cielo, non dimentichiamo che questa sua corona regale ha già attraversato la terra, durante la sua vita materiale, e ci rammenta che tutti, nelle fatiche di ogni giorno, siamo chiamati a regnare con il Signore, se sapremo servirlo in Sé stesso e nei fratelli che incontriamo, se sapremo obbedire alla Sua voce, rispondendo un "Eccomi" che duri per tutta la vita, per essere poi un "regnare insieme" nell'eternità.


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