giovedì 31 marzo 2011

TRIDUO A SAN FRANCESCO DI PAOLA- secondo giorno: il santo dei miracoli






O Dio, con la vita povera di Cristo, ci hai voluto 

arricchire dei beni celesti: 

concedici che, sull'esempio del nostro 

protettore san Francesco, 

possiamo vivere col cuore distaccato 

dai beni di quaggiù e 

rivolto sempre ai beni del tuo Regno.

AMEN





"Se aveste fede quanto un granellino di senapa potreste dire a questo gelso: Sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe." (Lc 17, 5)

E' Gesù che ci ricorda da dove proviene la capacità di operare miracoli ed il santo cui rivolgiamo questo triduo di preghiera fu definito il santo dei miracoli! 

San francesco fu taumaturgo, cioè reso capace da Dio di operare miracoli mentre era ancora in vita a sollievo delle pene spirituali e temporali di quanti a lui si rivolgevano.
 Sono molti i fatti prodigiosi ricordati dalla tradizione e molti altri ancora  quelli accertati nei processi di canonizzazione, che sono dunque pervenuti fino a noi con la certezza assoluta di affermazioni sotto giuramento, di cui la Chiesa si è servita per accertare la santità dell'umile frate.
Leggendo la vita del Santo paolano, si è subito colpiti da dal numero straordinariamente elevato di prodigi che non solo il santo operò, ma che caratterizzarono la sua esistenza, fin dalla nascita.
Ci si potrebbe chiedere, perché tanti fatti inspiegabili, e cosa possono insegnare, oggi a noi, questi eventi miracolosi?

Scrive Padre Roberti, nella biografia del santo: "in generale il signore opera i miracoli, sia per ricordare all'uomo che egli esiste al di sopra della natura, e che è continua nel mondo l'azione del suo governo,sia per accreditare presso i popoli coloro ai quali egli affida una missione speciale"  

Specifica poi il Bossuet:"sono due le ragioni principali, per le quali Iddio stende il suo braccio ad opere prodigiose: la prima è per mostrare la sua grandezza e per convincere gli uomini della sua potenza, la seconda per manifestarci la  bontà e l'amore che porta ai suoi servi. 
Ora in querte due specie di miracoli io noto questa differenza,  che allorquando Iddio vuol mostrare col miracolo la sua onnipotenza, egli si serve delle occasioni più volgari, il che deriva anche dalla differenza che corre tra questi due divini attributi.
L'onnipotenza affronta i più grandi ostacoli e li sormonta, la bontà invece discende a sovvenire i più piccoli bisogni".

Innegabile è che, al giorno d'oggi più che mai, ci sia bisogno sia dell'uno, che dell'altro tipo di miracoli!
Immersi in un ambiente fortemente secolarizzato, in cui l'uomo crede di essere il dominatore incontrastato della scienza, della natura, della salute, l'onnipotenza divina in casi ritenuti umanamente non "risolvibili", serve a sottolineare l'unica ed esclusiva signoria di Dio sul mondo creato.
Quanto l'essere umano la dimentichi, è sotto gli occhi di tutti proprio in questo periodo, in cui si assiste alla tragedia nucleare del Giappone ed a tanto dibattito sulla necessità dell'energia nucleare anche per l'Italia, nonostante i rischi palesi che essa comporti.
Ma è anche vero che a volte, l'uomo avverta fortemente la necessità di un aiuto in casi meno importanti e seri, in situazioni spicciole della vita quotidiana, che, come ha scritto appunto il Bossuet, ci dimostrino un amore "materno" di Dio, quello che Lo spinge a preoccuparsi anche delle nostre piccole necessità, come fa una mamma, che oltre ad interessarsi alle nostre necessità primarie di figli (il cibo, i vestiti etc etc), non di rado ci "coccola" con piccole delicatezze che danno al suo affeetto un tocco in più e ci fanno sentire ancora più amati.

San Francesco operò dunque miracoli in entrambi le direzioni e ne ricordiamo oggi due, che possano inserirsi nelle due categorie descritte nella sua biografia.

Il primo, molto conosciuto da chi si reca al Santuario di Paola, è il miracolo della "cucchiarella", uno dei tanti miracoli che San Francescò operò per venire incontro alle materilai esigenze di quanti lavoravano presso le fabbriche dei suoi conventi.
Ecco come l'episodio viene narrato nella biografia di Padre Roberti:
"Il sito, dove si costruiva il convento, difettava d'acqua potabile, e gli operai, per dissetarsi, erano costretti a discendere nel rivo, che scorreva lì sotto.
Francesco, nel pomeriggio di un'agosa giornata estiva, dopo aver trascorso alcune ore nella preghiera, si recava appoggiato al suo bastone, sul luogo del lavoro.
Cammin facendo incontrò alcuni lavoranti, i quali con parole alquanto vivaci esprimevano il loro malcontento per la lontananza dell'acqua; e taluno di essi, con tono ironico, trovava da ridire sulla sulla condotta del Santo, il quale, pur operando tanti prodigi, non si dava pensiero di rimediare a quel bisogno.
Francesco, che aveva capito tutto, con l'accento consueto della sua dolce bontà: non vi affliggete, o fratelli, rispose, il Signore è tanto buono, che si degnerà di venire in nostro aiuto.
Ciò detto batte col suo bastone sopra un masso tufaceo, e immediatamente, da quel punto, si vede sgorgare una vena d'acqua". 

La fonte della "cucchiarella", o fontana che dir si voglia, esiste ancora oggi nel Santuario di Paola ed è meta dei pellegrini che vi si recano per bere un po' dell'acqua o per raccoglierne e portarne nelle proprie case, si tratta di un'acqua prodigiosa, che più volte è servita come strumento di guarigione da molte malattie.
Questo, uno dei tanti miracoli "spiccioli" del Santo Paolano, si aggiunge al novero di altri simili, in cui a volte viene "moltiplicato" il pane per sfamare gli operai, altre volte viene trovato miracolosamente del cibo dove non doveva esservene, altre volte il Santo ottiene la guarigione da malattie non gravi, ma comunque fastidiose.
Ma oltre a dimostrare la "bontà" de Signore questi miracoli possono anche dirci un'altra cosa: sono spesso e volentieri prodigi che avvengono in favore di persone che stanno lavorando per costruire i conventi di San Francesco, dunque, dimostrano anche tangibilmente, come il Signore ricompensi ogni nostro sforzo per la diffusione del Vangelo, attraverso le sue opere, sia che vi partecipiamo direttamente, attraverso il nostro aspostolato, sia che prestiamo, a vario titolo, la nostra collaborazione!

Il secondo miracolo, molto famoso anch'esso, rientra invece in quelli della prima categoria sopra descritta, volta a dimostrare l'"onnipotenza di Dio".
Si tratta del "miracolo del mantello" su cui San Francesco attraversò lo stretto di Messina.
Sebbene alcuni particolari divergano nella tradizione e nei processi (quindi nelle relative testimonianze) il miracolo è accertato nei processi e dunque, degno di fede.
San Francesco di Paola, usciva per la prima volta dalla terra calabra nel 1464, per recarsi a Milazzo, in Sicilia, dove gli era stato chiesto di fondare un nuovo convento.
Giunto a piedi fino a Catona, nei pressi di Villa San Giovanni, il frate sperava di trovare qualche barcaiolo che gli facesse la carità di trasportare lui e i due frati che lo accompagnavano, dall'altra parte dello Stretto, per puro amore di Gesù Cristo.
Rammentiamo che San francesco fondò un ordine mendicante e viveva di sola carità, non aveva dunque denaro per pagare un traghetattore.
Avvicinatosi ad un pescatore, e avanzata la richiesta di soccorso, il santo si sentì rispondere seccamente: "Volentieri, purché mi paghiate".
A fronte della resistenza del pescatore, "l'Uomo di Dio, visti gallire i mezzi umani, ricorse con maggior fiducia all'aiuto divino.
Senza più insistere avvertì i compagni i attenderlo un momento, mentr'egli avanzanodsi lungo la spiaggia quanto un tiro di pietra, si mise in ginocchio a pregare per pochi istanti Colui, che altra volta, atttraverso le acque del Mar Rosso, aveva aperto al suo popolo sicuro passaggio.
Il Signore ascolta la sua preghiera e gli ispira il da farsi.
Francesco si alza, benedice il mare, e in quell'istante, quanti erano presenti lo vedono distendere il suo mantello sulle onde, montarvi sopra risolutamente, e tenendone stretto un lembo alla estremità superiore del suo bastone, come a servirsene di vela, procedere rapido e sicuro verso le coste siciliane".

Pur nella "diversità dei due miracoli, è facile notare subito una cosa: ogni prodigio si compie dopo la preghiera, che è atto di lode di richiesta di aiuto all'Altissimo, l'unico in grado di soccorrere le umane necessità, grandio piccole che siano!
San Francesco ci lascia dunque un duplice ammonimento:

  • pregare sempre, perché solo la preghiera smuove le montagne, unita alla nostra FEDE, secondo l'insegnamento del Divino Maestro!
  • preghiera vuol dire anche avere fiducia che veramente Colui al quale ci rivolgiamo può tutto, tanto nei nostri bisogni quotidiani, quanto nelle occasioni particolarmente gravi della nostra vita!
Che San Francesco ci impetri dal Signore questo stesso spirito di preghiera fervente e fiduciosa!

mercoledì 30 marzo 2011

TRIDUO A SAN FRANCESCO DI PAOLA- primo giorno: preghiera e penitenza


San francesco di Paola è un Santo molto importante per la Calabria: oltre ad esserne patrono è anche protettore della gente di mare.
La sua fama ha viaggiato di pari passi coi suoi...piedi: egli, infatti, nato nella provincia di Cosenza -per la precisione a Paola- nel 1416,  dopo alcuni anni di romitaggio giovanile, fondò l'ordine dei  francescani minimi, con l'introduzione -per la prima volta nella storia degli istituti religiosi- del quarto voto di "quaresima perpetua". e lasciò la  città natale per spostarsi nei luoghi di altre fondazioni...finché non chiamato in Francia, dove, per obbedienza al Papa, andò a prestar "soccorso spirituale" al Re Luigi XI.
In verità il sovrano desiderava accanto a sè questo grande Taumaturgo (taumaturgo si dice di  chi opera miracoli già da vivente...) per guarire da una sua infermità fisica.
San Francesco lo preparò invece ad una buona morte da cristiano e lo accompagnò nelle sue ultime fasi della  vita terrena, beneficando molti altri francesi con grazie materiali e spirituali, come aveva fatto già con la la gente della sua Calabria e dell'Italia intera.
Il Santo paolano morì in terra francese, a Tour, nel 1507 (all'età di 91 anni!) dove poi fu sepolto, ma il suo corpo -che si era mantenuto incorrotto- venne poi disgraziatamente vilipeso e bruciato dagli Ugonotti.
Ne rimangono poche ossa, coraggiosamente salvate da alcuni devoti francesi, che poi furono inviate in vari conventi, ed altri oggetti a lui appartenuti, alcuni dei quali furono fra i tanti mezzi "usati" per compiere veri miracoli.




TRIDUO A SAN FRANCESCO DI PAOLA- PRIMO GIORNO: Penitenza e preghiera per riconciliarsi con Dio






O Dio, con la vita povera di Cristo, ci hai voluto arricchire dei beni celesti: 
concedici che, sull'esempio del nostro protettore san Francesco, 
possiamo vivere col cuore distaccato 
dai beni di quaggiù e 
rivolto sempre ai beni del tuo Regno.

AMEN

Quando si parla di San Francesco di Paola, è facile tratteggiarne un profilo non solo biografico , ma anche spirituale: egli fu uomo di penitenza e preghiera, santo dei miracoli  uomo della carità e sempre obbediente alla Santa Madre Chiesa, in special modo al Papa.

Vissuto in anni turbolenti sul piano politico, soprattutto al Sud (diviso nelle lotte per il potere fra aragonesi e angioini, con il popolo dissanguato da pesanti imposte),  e altrettanto turbolenti sotto quello spirituale, dopo lo scisma d'oriente con la riforma protestante in "preparazione", San Francesco richiamò i suoi contemporanei all'importanza della "penitenza unita alla preghiera", come  mezzo per somigliare a Gesù povero, e per elevare lo spirito a Dio, vincendo così le tentazioni.
San Francesco visse in continua "quaresima", introducendo poi tale voto nella regola del proprio ordine: ciò vuol dire che sono esclusi, dall'alimentazione dei frati minimi, la carne, le uova, i latticini e tutti i condimenti grassi.
Non solo: dalle testimonianze raccolte nei processi di canonizzazione, risulta che mangiasse pochissimo, solo alla sera  e sempre molto poco, sebbene il suo fisico non ne abbia mai risentito, anzi, appariva perfino di costituzione robusta!

Come si legge in una vita del Santo, scritta dal Padre Roberti: "Mentre Lutero insegnò non avere il digiuno alcun valore, ed essere supsuperstiziosa la scelta nell'uso dei cibi, francesco al contrario istituì un ordine, i memri del quale sono obbligati a frequenti digiuni, e ad astenersi perpetuamente dalle carni e dai latticini".

San Francesco pensò al suo ordine ed al rinnovamento spirituale che ne sarebbe derivato, nel 1500: quanto è invece ancora attuale quanto egli fece e quanto volle lasciarci in eredità!
Oggi, epoca del benessere anche culinario, in cui vogliamo fare della nostra religione solo una serie di "SIMBOLISMI" per viverla in maniera un po' relativistica, siamo spesso tentati dal dire che la rinuncia, il digiuno, non debbano essere di cibo, ma di altro.
In parte questo è anche vero, ci sono tante cose che oggi ci inquinano e dalle quali dobbiamo depurarci: radio, televisione, cattiva stampa.
Ma il digiuno reale, quello dai cibi, serve a rammentarci le parole di Gesù: "non di solo pane vive l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio" e se più volte, anche la Vergine Maria, nelle sue apparizioni, ha chiesto di pregare e DIGIUNARE, allora vuol dire che ancora oggi il digiuno dal cibo ha un senso profondo ed acquista molto valore agli occhi di Dio, anche se a noi appaia na cosa facilmente sostituibile con altri espedienti!

Il digiuno non era tuttavia l'unico strumento di penitenza a cui ricorreva il santo: egli univa infatti non solo le pene corporali (la "disciplina", che a quei tempi era parte integrante della vita in religione), ma la sua penitenza continua consisteva anche nel dormire molto poco (e sempre sulla nuda terra), per dedicare le ore strappate al riposo...alla preghiera.

E qui possiamo toccare il secondo punto importante in questo primo giorno del triduo: la penitenza va unita indissolubilmente alla preghiera, per portare frutti "degni di conversione".

Ogni momento libero dagli impegni delle sue fondazioni e le ore della notte erano spesi in continua orazione, durante le quali, non di rado, fu anche visto levari in estasi, in contemplazione estatica dinanzi al crocifisso.
Lui, sempre tanto umile da cercare mille espdienti per non farsi credere operaatore di miracoli, venne "scoperto" in quei momenti di elevata contemplazione, che ne trasfiguravano la persona e lo facevano letteralmente sollevare dal suolo!


Questo era in verità possibile perché San Francesco fu uomo veramente contemplativo: anche quando era immerso -fisicamente- in mille occupazioni (partecipava sempre alla costruzione dei nuovi monasteri, fra le altre cose) egli viveva intimamente in comunione con Dio, e questo gli consentiva di poter mantenere sempre "aperta" la porticina della comunicazione fra l'umano ed il divino....

Il tempo che stiamo vivendo, che è appunto quella della Quaresima, ci invita proprio a questo: ad un maggior spirito di preghiera, prendiamo allora esempio da San Francesco e cerchiamo di fare di tutte le nostre azioni un continuo colloquio con il Signore!

Scrive il Padre Roberti, nella vita del Santo: "Ai suoi pensieri, agli affetti, alla volontà, ma anche ai vari impieghi manuali, che assorbivano quasi tutta l'attività della sua vita esteriore, egli procurava di dare un valore ed una dignit, proporzionati alla grandezza di quel Dio, per amore del quale a tutto si assoggettava, e che solo intendeva onorare in tutte le sue azioni; ma anche più direttamente egli si occupava, con cura, assidua, dell'orazione, in cui gustava le più soavi delizie" Senza la carità divina non è attuabile il vero amore del prossimo".
Da questa carità divina, alimentata da questo continuo parlare con il Signore, San Francesco seppe trarre molto frutto, approfittando anche delle cose più umili per fare del bene: ad esempio, durante i lavori di costruzione dei conventi, riuniva i suoi operai e teneva loro dei discorsi sulle verità di fede (pur non avendo studi letterati!), oppure, compiva miracolin favore della povera gente dei vari paesi, e soprattutto, si rendeva strumento di conversione o per quanti volevano emulare la sua integgerrima pratica delle virtù, e per quanti egli, dotato della scrutazione dei cuori, riconduceva ad una sana vita cristiana.


Ecco, dunque, cosa imparare da San Francesco, nel primo giorno del triduo a lui dedicato:

  •  la preghiera deve alimentare tutta la nostra vita, affinché si faccia contemplazione continua, che ci renda capaci di vivere sempre nell'unione intima con il Signore, elevandoci spiritualmente a Lui anche mentre compiamo semplici gesti quotidiani;
  • la penitenza che dobbiamo unire alla preghiera serve come espiazione per i nostri ed altrui peccati ed anche per liberarci dalla "zavorra" del corpo, che a volte, con i suoi attaccamenti sbagliati, ci impedisce di sollevarci verso le realtà ben più importanti dello Spirito.
Preghiera e penitenza non vogliono condurci né ad un deperimento eccessivo nel fisico (San Francesco considerava la "quaresima perpetua" come un mezzo di "espiazione al sensualismo del secolo", non come una tortura per il fisico!), e circa il secondo punto, fu sempre riferito, da chi aveva modo di praticare col Santo, che nonostante la pratica della povertà ed il suo camminare scalzo, fu sempre ordinatissimo e pulitissimo nella persona.


Ecco quel che dice Padre Roberti, nella sua biografia del Santo:


"Non voleva che la pratica della povertà fosse a taluno di pretesto per trasandare la pulizia: e non mancò di darne l'esempio in se stesso.
Un giorno, chiamato in parlatorio, fu visto che nell'uscire dalla cella l'umilissimo Eremita si spolverava l'abito e se l'aggiustava con più cura del solito.
Al ritorno, vedendo alcuni Religiosi, che di ciò mostravano qualche meraviglia: Fratelli, disse loro, Iddio non voglia che io cerchi di piacere agli uomini e vi dia sì cattivo esempio.
Ma io desidero che la santa povertà, che tutti dobbiamo amare e praticare, sia sempre congiunta con la pulizia e la decenza.
Ciò specialmente è necessario quando si deve trattare con secolari, per impedire che gli effetti esterni della povertà del nostro vestire abbiamo ad ispirare aborrimento per qusta virtù cristiana".


inoltre, nella relazione a Leone X, si legge: "né si vuol tralasciare il fatto che sebbene usasse solo una veste e anche col caldo più afoso si applicasse a vari lavori, tuttavia nessun cattivo odore mai, nessuna mancanza di nettezza si potè osservare sulla sua persona"
Chiediamo dunque, a questo grande Santo, di aiutarci a saper armonizzare in noi, preghiera e penitenza, per offrire al Signore la giusta lode con la nostra vita!

lunedì 28 marzo 2011

"LA DIFFUSIONE DEI BUONI LIBRI E' UNA VOCAZIONE CHE VIENE DALLA DIVINA PROVVIDENZA"....


"La diffusione dei buoni libri è una vocazione che viene dalla Divina Provvidenza": lo scriveva Don Bosco in una circolare indirizzata ai suoi salesiani, nel 1885, in occasione della festa di San Giuseppe.





Potremmo dire che oggi più che mai c'è bisogno di questa "vocazione" e di persone ad essa richiamate dallo Spirito Santo.

Basta entrare in una qualsiasi grande libreria per comprenderlo, o semplicemente guardare gli scaffali dei supermarket e centri commerciali, sezione libri.
Si trova un po' di tutto del genere spazzatura, dal romanzetto senza senso, che forse è la cosa più innocua in mezzo al resto, alla pseudo narrativa di certe giovani penne che sono solo pretesti per raccontare relazioni umane disastrate e assenze di valori, per finire alla sempre bene imbandita tavola di scrittori anticlericali, o che, con la pretesa di dire la verità, dicono solo le falsità....

Naturalmente, non possiamo credere che sia tutto il frutto di una pura casualità: chi gestisce il mondo dell'editoria, come quello dell'informazione, sa bene cosa possa essere più o meno dannoso per la società!
Possiamo al massimo ritenere   -nei casi più banali- che siano solo i fini commerciali, a far proporre la merce più "vendibile", in quelli peggiori, non resta che la convinzione di una vera e volontaria diffusione della la stampa falsamente cattolica o palesemente anticlericale.

I "consumatori" cattolici di libri possono fare poco contro queste logiche di mercato, nel senso che se dovessimo recarci solo presso le VERE librerie di buona stampa cattolica, avremmo veramente una scelta ben limitata, e probabilmente anche a distanze chilometriche dalle nostre residenze.



Possiamo però tutti agire secondo quello che era proprio l'insegnamento consigliato da Don Bosco ai suoi salesiani: diffondere buoni libri!


Ecco cosa scrisse Don Bosco nella circolare alla sua congregazione:

"I buoni libri sono tanto più necessari in quanto che l'empietà e l'immoralità oggigiorno si attiene a quest'arma per fare strage nell'ovile di Gesù Cristo, per condurre e per trascinare in perdizione gli incauti e i disobbedienti.
Quindi è necessario opporre arma ad arma.
Quante anime furono salvate dai libri buoni, quante preservate dall'errore, quante incoraggiate nel bene.
Chi dona un libro buono, non avesse altro merito che destare un pensiero di Dio, ha già acquistato un merito incomparabile presso Dio.
Eppure quanto di meglio si ottiene".

Don Bosco parla di due categorie di persone: incaute e disobbedienti.
Nella prima potremmo inserire anche i "semplici", incaute semplicemente perché sprovvedute del mezzo efficace della VERA CULTURA che promuove solo la verità, e quindi più facilmente manipolabili da chi afferma la menzogna.
I disobbedienti trovano pane per i propri denti quando qualcuno offre loro delle "tesi scientifiche" per non credere o per credere il falso, opponendosi così al magistero della Chiesa, alla morale, ai valori etici e sociali.



Ma perché il libro può essere così efficace, a volte molto più delle nostre parole "volanti"?


E' Don Bosco stesso che lo spiega nella sua lettera, sottolineando una caratteristica del libro, ossia la sua "immutabilità": il libro rimane sempre lo stesso e rimane sempre dove noi lo lasciamo, ma possiamo ritrovarlo in momenti particolari della nostra vita, o rileggerlo in situazioni diverse o può trovarlo chi non ne era il diretto destinatario -per un disegno della Provvidenza!-
In sostanza, potrebbe essere l'ausilio del momento giusto al momento giusto.....cosa che non sempre può accadere alle parole, pronunciate magari nell'occasione sbagliata o che facilmente possono essere dimenticate!



Scrive ancora Don Bosco:


"Il buon libro entra persino nelle case ove non può entrare il sacerdote, è tollerato eziando dai cattivi come memoria o come regalo.


Presentandosi non arrossisce,
trascurato non s'inquieta,
letto insegna verità con calma,
disprezzato non si lagna
e lascia il rimorso
che talora accende il desiderio di conoscere la verità;
mentre esso è sempre pronto ad insegnarla.

Talora rimane polveroso sovra un tavolino o in una biblioteca.
Nessuna pensa a lui.
Ma viene l'ora della solitudine,
o della mestizia,
o del dolore,
o della noia,
o della necessità di svago,
o dell''ansia dell'avvenire,
e questo amico fedele depone la sua polvere, apre i suoi fogli 
e si rinnovano le mirabili conversioni di S. Agostino,
del Beato Colombino e di S. Ignazio".


Rimanendo in tempi più vicini al nostro secolo, potremmo ricordare la conversione di Edith Stein, ebrea, filosofa, atea: leggendo l'autobiografia di Santa Teresa d'Avila trovò la VERITA' si convertì al cattolicesimo e divenne in seguito monaca carmelitana, offrendo la sua stessa vita come testimonianza (morì in una camera a gas, ad Aushwitz).


Don Bosco continua così a parlare del "buon libro":



"Cortese coi paurosi per rispetto umano

si intrattiene con essi senza dare sospetto a veruno;
famigliare coi buoni è sempre pronto a tener ragionamento;
va con essi in ogni istante,
in ogni luogo.
Un libro in una famiglia,
se non è letto da colui a cui è destinato o donato,
è letto dal figlio o dalla figlia,
dall'amico o dal vicino.
Un libro in un paese talora passa nelle mani di cento persone.

Iddio solo conosce il bene che produce un libro 
in una città, in una biblioteca circolante, in una società di operai,
in un ospedale,
donato come pegno di amicizia.

Né bisogna temere che un libro possa essere da certuni rifiutato perché buono.
Al contrario...."

E' forse falsa l'ultima affermazione??
No, se pensiamo che chi scrive per "diffamare" Gesù, dimostra una buona conoscenza del Santo Vangelo, sebbene si tratti di conoscenza errata, manipolata per gli scopi "personali" dello scrittore.
Ma chi ci assicura che, in futuro, proprio quel buon libro, torni in mano al "persecutore" della nostra fede e non operi per il bene della sua anima?

Allora, seguiamo l'esempio di Don Bosco: diffondiamo i buoni libri cattolici e preghiamo affinché il Signore, servendosi di tali mezzi, possa condurre tante anime alla vera fede!

venerdì 25 marzo 2011

SOLENNITA' DELL'ANNUNCIAZIONE










Nel sesto mese, l'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret,  a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe.
La vergine si chiamava Maria.

Entrando da lei, disse: "Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te".
A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto.
L'angelo le disse: "Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio.
Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù.
Sarà grande e chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine".
Allora Maria disse all'angelo: "Come è possibile? Non conosco uomo".
Le rispose l'angelo: "Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell'Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio.
Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio".
Allora Maria disse: "Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto". E l'angelo partì da lei”.

(Lc 1, 26,38)




Annunciare: recare una notizia, predire ciò che sarà.
Questo è quanto fa l'Angelo Gabriele con la Vergine Maria, questo il mistero che ricordiamo oggi, festa dell'Annunciazione a Maria Santissima.
Nel momento in cui la Vergine pronuncia il suo "SI", dopo il suo iniziale "turbamento" alle parole dell'angelo, si realizza quanto la creatura angelica annuncia, ossia, la potenza dell'Altissimo scende sulla Madonna e , per dirla in termini molto "semplici", avviene quello che noi chiameremmo un concepimento: si, il concepimento verginale, ad opera dello Spirito Santo!

In questo evento soprannaturale, c'è un passaggio psicologico di grande importanza: dallo stupore, per un attimo "umanamente" dubbioso ("Com'è possibile"?) all'accettazione gioiosa ed alla piena disponibilità (si faccia di me quello che hai detto").
La creatura umana, si rende disponibile al servizio, a quanto annunciato dall'Angelo, si dispone con gaudio ad accogliere -pur nella sua grande umiltà che la fa sentire indegna- il Figlio di Dio nato nel suo grembo!

Questo mistero, che segna l'avvio "storico" dell'Incarnazione dei Gesù, ci spinge a guardarci interiormente e a chiederci: davanti all'annuncio della Parola, davanti a Gesù che viene nella nostra esistenza, rispondiamo con il solo "turbamento" o siamo pronti a dire il nostro "si"?

Ritorniamo alla scena che coinvolge Maria e l'Angelo.
La creatura angelica propone a Maria qualcosa che va bene al di là della sua comprensione umana, per quanto lei sia la piena di grazia, inizialmente, la risposta che affiora sulle labbra è in realtà una domanda, un dubbio: "Com'è possibile, non conosco uomo?"
Anche noi, all'annuncio di una Parola che ci chiede di essere testimoni REALI della Parola, rimaniamo così turbati, e ci chiediamo come sia possibile, per delle povere creature che hanno limiti, sentimenti contrastanti, insomma, una carne che va contro lo spirito, riuscire a vivere concretamente la carità fraterna, l'accoglienza, il perdono....

San Paolo,  nella lettera ai Romani, ben sottolinea questa "lotta" interiore, scrivendo:

"Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene; c'è in me il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo;  infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio.
 Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me.
 Io trovo dunque in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me.
 Infatti acconsento nel mio intimo alla legge di Dio,
 ma nelle mie membra vedo un'altra legge, che muove guerra alla legge della mia mente e mi rende schiavo della legge del peccato che è nelle mie membra". 
(Rm 7 18-23)

Oggi sentiamo maggiormente questa difficoltà, perché viviamo in un mondo fortemente secolarizzato, che spesso va contro il modo cristiano di vivere i rapporti umani, la relazione con la natura e ci spinge a porci -se siamo realmente seguaci di Gesù- in netto contrasto con queste mentalità egoistiche e cattive.
Avere paura, essere titubanti, è insito nella natura umana, il Signore lo sa bene, conosce la nostra debolezza, perché fu simile in tutto a noi, fuorché nel peccato!
Ma la fede, la fiducia in Dio ci devono spingere a operare in noi lo stesso "superamento" che riuscì a compiere Maria Santissima: dire il nostro si ad un progetto che ci appre più grande di noi, che ci sembra irrealizzabile con le nosrte sole forze...consapevoli, come dice San Paolo che "Tutto posso in Colui che mi dà forza"!

Anzi, come lo stesso apostolo delle gente ci dice, è proprio Gesù Cristo la nostra arma per vincere le nostre inclinazioni "cattive":

Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?
 Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore! 
(Rm 7 24-25)

E' Gesù che ci può liberare, solo Lui ci ha dimostrato come sia possibile vincere sulla carne, vivendo giorno dopo giorno alla Sua sequela, secondo gli insegnamenti del Vangelo.
Questo vuol dire accettare, accogliere, realizzare nella nostra esistenza terrena, l'Annuncio che l'Angelo ha portato ai pastori e che Luca così riporta nel suo Vangelo: "vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore".

Taluni esegeti affermano che fu lo stesso Gabriele ad apparire ai pastori, così come era stato lui a recare l'annuncio a Maria Santissima.
Sembra quasi un parallelo: dopo l'annuncio alla Madre di Dio, ecco l'annuncio all'umanità intera!
Anche questo annuncio richiede un'accoglienza generosa, quella a correre incontro al Signore, per renderLo vivo in noi, presente nel nostro agire, fondamento di ogni nostra attività e relazione umana!
Che la Vergine Maria e San Gabriele ci ottengano questa grazia: di saper pronunciare anche noi il nostro si, giorno per giorno, momento per momento, allo splendido e gradioso progetto di Dio per ciascuno di noi, vi auguro una buona festa dell'Annunciazione!