giovedì 24 febbraio 2011

L'AUDACIA E' IL FRUTTO DELLA DETERMINAZIONE CRISTIANA- dalla catechesi del Santo Padre alla spiritualità carmelitana- PRIMA PARTE


"Deposto tutto ciò che ci è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede"
(Eb 12-1)


Qualche settimana fa, un bambino, al termine della catechesi del mercoledì, è corso verso il Santo Padre, superando le transenne e lasciato libero di avvicinarsi, ha potuto ricevere le affettuose coccole e le parole del Papa.
Una scena non solo molto tenera, ma anche "istruttiva" e che ben si sposa proprio con uno dei punti toccati da Benedetto XVI durante la catechesi di quel giorno.
Il Papa ha infatti parlato di Santa Teresa d'Avila, affermando che "l'audacia è il frutto della determinazione cristiana" nella dottrina teresiana.

Ora, il fortunato bambino che ha raggiunto il Papa, tanto se autonomo in quell'impresa quanto se "spinto" dai genitori o da qualche altro parente, appare un po' come l'emblema del pensiero di Santa Teresa, ribadito anche dal Papa.
Ma si potrebbe anche guardare un poco oltre e vederlo come "immagine-sintesi" della dottrina delle due Terese del Carmelo, ossia, la grande mistica di Avila e la "piccola" Teresa di Lisieux....

Per capire in che senso, partiamo da un passo tratto dalla "Salita al Monte Carmelo, di San Giovanni della Croce, altro grande mistico carmelitano e riformatore dell'ordine (insieme a Santa Tresa d'Avila), il quale ci dice che "i teologi affermano che la fede è un abito certo e oscuro dell'anima.
E' abito oscuro perché induce a credere verità rivelate da Dio stesso, che sono al di sopra di ogni luce naturale e superano oltre misura ogni umana comprensione.
La fede ci propone cose che non abbiamo mai visto né compreso sia in se stesse che in altre simili a loro, perché non esistono".

Anche San Paolo ci ricorda che "la fede è il fondamento delle cose che si sperano e prova di quelle che non si vedono" (Eb 11,1), ecco perché ha senso parlare di "determinazione" e di "audacia" in campo spirituale!
La nostra fede, che ci porta a credere in cose che la mente non può comprendere (tranne che nel caso di particolari "luci spirituali"), e che ci deve animare nel vivere quotidiano, spingendoci alla carità senza riserve, diventa ciò che ci consente di attuare quanto ci dice sempre l'apostolo: "Dio non ci ha dato uno Spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza". (2Tm 1,7)
E' con questo spirito di forza che dobbiamo perseverare nella fede, è con questo spirito di amore che dobbiamo agire in tutte le circostanze della vita, è con questo spirito di saggezza che dobbiamo discernere, consigliare...a volte anche fare silenzio!
Con queso stesso spirito di forza dobbiamo inoltre perseverare nella preghiera e, secondo la spiritualità carmelitana, in quella particolare forma di preghiera che è l'orazione mentale.


Scrive ancora Santa Teresa d'Avila: "per me l' orazione mentale non è altro se non un rapporto d'amicizia, un trovarsi frequentemente da soli a soli con chi sapiamo che ci ama".
L'orazione è quindi un pensarci (anche utilizzando l'immaginazione!) insieme a Gesù: si può scegliere di accompagnarLo in uno dei momenti della Sua vita (Santa Teresa Gli faceva spesso compagnia nell'Orto degli Ulivi), oppure un parlarGli per esporGli le nostre necessità....
L'orazione, richiede però (come in generale ogni preghiera e come tutta la vita interiore!) una "determinata determinazione": è infatti facile, specie all'inizio, lasciarsi scoraggiare dalla difficoltà di concentrazione, dall'incapacità di parlare, dal fatto di non avere "risposte" come quelle di una persona in carne ed ossa, ed ancora, dai momenti di aridità.
Santa Teresa infatti scrive che occorre percorrere la strada dell'orazione, che  "è la strada maestra verso il Cielo, senza fermarsi fino al termine di essa, cioè fino a giungere a bere di quest'acqua di vita" e che per farlo è necessaria "una determinata determinazione di non arrestarsi prima di raggiungere quella fonte d'Avila, succeda quel che succeda, si fatichi quanto bisogna faticare, mormori chi vuol mormorare; bisogna tendere sempre alla meta, a costo di morire durante il cammino se il cuore non regge agli ostacoli che vi s'incontrano.
Se ci si renderà conto di avere in sé questa determinazione, non c'è proprio di che temere, né vi èlcuna ragione di affliggersi, anime spirituali; una volta che si ponga in così alto grado com'è quello di voler trattare da sole a solo con Dio e abbandonare i passatemi del mondo, il più è fatto."

In che cosa, questa determinazione, diventa dunque il frutto dell'audacia cristana?
  • In primo luogo, nell'avere "fede sperando contro ogni speranza", come San Paolo ci dice parlando di Abramo, dunque credendo a ciò che la fede stessa ci propone a credere!
  • In secondo luogo, l'audacia cristiana è il frutto di questa nostra determinazione a voler rimanere in compagnia di Gesù, ossia di Colui che è RE DEI RE, instaurando il rapporto di amicizia con Lui, come ci consiglia Santa Teresa d'Avila.
  • Santa Teresa di Lisieux, in "Storia di un'anima", esprime questo concetto dell'audacia nel rapporto con Gesù, paragonandosi -proprio perché "piccola"- ad un "debole uccellino" che ha però alcune "caratteristiche" dell'aquila: "gli occhi e il cuore perché, nonostante la mia piccolezza etrema, oso fissare il Sole Divino, il Sole dell'Amore, e il mio cuore sente dentro di sé tutte le aspirazioni dell'aquila. Alzarsi in volo non è nelle sue piccole possibilità" ma "l'uccellino non si affliggerà. Con un abbandono audace, vuole restare a fissare il suo Sole Divino. Nente potrebbe spaventarlo: né il vento, né la pioggia. E se nubi oscure vengono a nascondere l'Astro dell'Amore, l'uccellino non cambia posto, sa che al di là delle nubi il suo Sole brilla sempre".
Una volta presa la determinazione di rimanere in compagnia di Gesù, ecco il passo successivo, cui ci invita Santa Teresa d'Avila: parlare con semplicità a Sua Maestà, rammentandoci che, si, dobbiamo sempre considerare "chi è colui con il quale parlate e chi siete voi", ma anche che "l'umiltà del nostro Re è tale che, per quanto io, grossolana come sono, non sappia parlargli se con con rozzo linguaggio, non trlascia di aiutarmi né mi vieta di avvicinarmi a lui".


Se terremo bene a mente questo concetto, non ci spaventerà il pensiero di avvicinarci a Gesù stesso, né le nostre cadute ci impediranno di tornare a farGli compagnia, perché: "una volta che ci si ponga in così alto grado com'è quello di voler trattare da sole a solo con Dio, il più è fatto".
Pensiamo al bambino della foto: con grande naturalezza e gioia si è avvicinato al Papa, superando le transenne, e gli stessi uomini della sicurezza e il segretario del Pontefice, lo hanno lasciato fare.
Il bimbo correva incontro al Papa, rappresentante di Cristo in terra, ma uomo così umile e bello nella sua semplicità, da far sì che il rispetto nei suoi confronti, non impedisse al piccolo di essere spontaneo!
Noi dobbiamo fare la stessa cosa, nel rimanere assieme a Gesù, il quale -come ci rammenta Santa Teresa d'Avila- non ci negherà l'aiuto necessario, né "mi vieta di avvicinarmia Lui.
Neppure le sue guardie mi respingono, perché gli angeli del cielo conoscono bene la natura del loro Re, il quale si compiace maggiormente della rozzezza di un umile pastorello, vedendo che se più sapesse più direbbe, che di quanti bei ragionamenti gli facciano grandi sapienti e letterati, i quali manchino di umiltà".


In effetti, il Signore sa che siamo deboli e tiene conto della nostra buona volontà, della nosta perseveranza e della fiducia nella Sua infinita Bontà e Misercordia, e anche quando dovessimo cadere, sarà lui stesso a risollevarci, come ci insgna Santa Teresina:
"vorrei trovare un ascensore per innalzarmi fino a Gesù, perché sono troppo piccola per salire la dura scala della perfezione.
Allora ho cercato nei liri santi l'indicazione dell'ascensore, e ho letto queste parole uscite dalla bocca della Sapienza Eterna: Se qualcuno è molto piccolo, venga a me.
Così sono arrivata a intuire che avevo trovato ciò che cercavo.
L'ascensore che mi deve innalzare fino al Cielo sono le tue braccia, o Gesù!
Per questo non ho bisogno di crescere, anzi bisogna che io resti piccola, che lo diventi sempre di più".
Rimanendo piccoli, saremo talmente tanto determinati da avere l'audacia di comportarci "come un bambino che crede che tutto gli sia permesso e considera i tesori di suo Padre come i suoi": non dunque, come colui che disperde o fa cattivo uso di quei tesori, ma come il bambino che impara ad utilizzare fruttuosamente le risorse procurate dalla saggezza e dal lavoro del genitore, con la consapevolezza e la  fiducia che non gli verrà a mancare nulla!

--Fine della prima parte--

3 commenti:

  1. Grazie Maria per questo post tanto profondo e che mi ha insegnato tanto... Un grande abbraccio in Cristo il Nostro Signore!

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  2. Un abbraccio a te :)

    Che Santa Teresa ed i santi carmelitani ci aiutino ad approfondire sempre di più la nostra vita interiore!

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  3. Cara Maria, hai preso i passaggi più salienti della spiritualità carmelitana, commentandoli in modo impeccabile! Dirti grazie e poca cosa, rileggerò con più attenzione tutto il post (ora l'ho letto in modo sprint) e aspetto di leggere quanto prima la seconda parte! Meraviglioso il modo di collegare la corsa del piccolo verso il Papa, con l'argomento che hai trattato! Un abbraccio FP!!!!

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