La pagina del Vangelo di oggi (Gv 21,15-19) mi colpisce per un particolare forse poco evidente, per chi legge la sola traduzione in lingua italiana.
Nella Nova Vulgata (Ed. LEV), la triplice domanda di Gesù a San Pietro non risulta come un "Mi ami più di costoro- mi ami- mi vuoi bene"?, bensì:
"Diligis me plus his"?
"Diligis me"?
"Amas me"?
Identica la triplice riposta di Pietro nell'uso dei verbi "sapere-conoscere", diversa invece nel "ti voglio bene", che nella Nuova Vulgata è sempre tradotto come "amo te":
"Tu scis qui amo te"
"Tu scis qui amo te"
"Tu cognovis qui amo te"
La versione greca ricorre, al contrario, a verbi diversi sia nelle domande di Gesù che nelle risposte di Pietro: Agapao e Phileo.
La particolarità delle tre versioni, presenta spunti interessanti di riflessione.
Se poi, cosa da non sottovalutare, è stato quasi "necessario" ricorrere all'adattamento "amare-voler bene" per far comprendere il succo del discorso di Gesù, allora questo vuol dire che oggi si sarebbe corso un rischio: quello di fraintendere tutto, di non comprendere la differenza tra i diversi tipi....di amore!
Amore è un verbo oggi infatti fortemente inflazionato, così tanto da aver perso, in troppe circostanze, il suo vero significato e la sua intensità.
Scrive Padre Giorgio Maria Carbone, op, nel suo libro "Ma più grande di tutte è la carità":
"La parola amore è una di quelle maggiormente utilizzate nella lingua italiana, ma spesso in modo ambiguo, se non equivoco.
Già nel 1956 Eric Fromm osservava che a fronte della rarità del fenomeno amore il suo posto è stato preso da tante forme di pseudo-amore che in realtà sono altrettante forme della disintefrazione dell'amore".
Infatti uomini e donne che si conoscono da pochi giorni sono già "innamorati" e coppie collaudate da molti anni (che innamorate dovrebbero esserlo davvero!) decidono di separarsi dopo pochi mesi di matrimonio...
Il problema allora è: abbiamo capito cos'è l'amore?
Fra gli uomini e fra la creatura e il Creatore?
Forse proprio il Vangelo può aiutare l'uomo a riscoprire il valore, il senso, l'estensione e la BELLEZZA della parola AMORE (Ef 3,17-19).
Partiamo dalla versione greca: il Vangelo Giovanneo sfrutta due verbi: agapao e philia.
Gesù rivolge a Pietro le Sue prime due domande ricorrendo ad AGAPAO, che indica un amore assoluto, quello di Cristo che dà la vita per i Suoi.
E' il verbo che i greci utilizzavano per indicare il rapporto fra gli uomini e gli dei, un verbo di un amore di "elezione", quello che descriveva, però anche l'amore fra genitori e figli.
Un amore,dunque, FILIALE.
E' un amore che indica PREFERENZA ASSOLUTA, ma che è pur sempre rimesso al libero arbitrio dell'uomo.
Da questo punto di vista, il ricorso nella Nuova Vulgata, del verbo "diligere" è quanto mai azzeccato.
Diligere, per i latini, era molto più che "amare".
Il verbo "amare" poteva indicare anche un affetto impulsivo, semplicemente passionale, mentre "diligere" , ci ricorda sempre Padre Maria Carbone, "indica l'aspetto personale e spirituale dell'amore, per cui esso comporta una valutazione, una scelta e una preferenza accordata".
Non a caso, quando si parla del "discepolo che Gesù amava" il Vangelo ricorre, nello stesso capitolo 21, al verbo "diligere"!
E quando, dopo il Battesimo di Gesù, si ode la voce del Padre dal Cielo, il sostantivo verbale è "dilecto", participio passato di.... diligere.
Ecco che tornano i due significati di AGAPAO: amore di scelta assoluta fra l'uomo e Dio, amore filiale.
Se ne può trarre una considerazione: la scelta, la "chiamata", la "vocazione" di qualcuno non deve, non può innescare un semplice "affetto" momentaneo, passeggero.
Un amore che rischia di essere solo impulsivo, sentimentale...
Deve essere invece fonte continua di una scelta unica, esclusiva, alla luce della quale orientare tutte le altre realtà della propria vita.
In questo senso, con le debite proporzioni, una chiamata è una "elezione" da parte di Gesù, come Gesù fu l' "Eletto", il "prediletto" del Padre.
Pensiamo alla scena del giovane ricco in Mc 10,21: la Nuova Vulgata ci dice: "lesus autem intuitus eum dilexit eum".
"LO GUARDO' CON SGUARDO DI PREDILEZIONE".
Con uno sguardo di amore che è amore di SCELTA!
Scrive San Beda il Venerabile, commentando la chiamata di Matteo:
"Vide Gesù un pubblicano e siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: Seguimi".
Il Maestro ha dunque "interrogato" il Suo discepolo: "Mi ami con amore di preferenza assoluta, al di sopra di tutti gli altri"?
E San Pietro si "limita" a rispondere :"Tu sai che ti amo".
Che nella versione italiana corrente suona come "Tu sai che ti voglio bene".
Anche il "voler bene" è amore, ma oggi viene così tanto deviato il concetto di "amore" che se non si fosse adoperato questo passaggio da "amore a bene" non si sarebbe compresa la...diminuzione!
Nella lingua greca ricorre invece il verbo "phileo", che indica un amore meno forte di "agapao". Una certa inclinazione affettiva verso qualcuno o qualcosa.
Da esso deriva anche il sostantivo "philos" ("amico"), ma non possiamo completamente associare il verbo phileo ad un amore di amicizia in termini "cristiani", se pensiamo -in termini spirituali- al valore che Gesù darà all'amicizia!
Cristo ribalterà il concetto di "amicizia" greco!
Egli dice che l'amore più grande è quello di colui che dà la vita per i propri amici!
E in Matteo, afferma: "avete inteso che fu detto, amate il vostro prossimo" (Mt 5,43).
La Nuova Vulgata ricorre al solito verbo: DILIGERE "Diliges proximum tuum".
Ecco che, allora, l' "AMORE", la Carità, l'AGAPE, diventa identificativa di tre amori:
- l'amore fra il Padre ed il Figlio, in cui il Padre chiama il Figlio come il "Dilectus"!
- l'amore verso Dio, che per tutti deve essere un amore assoluto, preferenziale, ma per alcuni, chiamati ad una sequela radicale, lo è ancora di più, in maniera più totalizzante ed esclusiva;
- l'amore verso il prossimo, che diventa nostro "amico" e "fratello" in Cristo;
Ecco quindi che è possibile amare Dio con amore di agape, di dilectio, ma anche amare gli altri con l'Amore di Dio riversato nei nostri cuori, perché "Dio è Carità" (1 Gv,4,16) e San Paolo ci ricorda che con la CARITA' dobbiamo amare gli altri! (1 Cor 13, 1-13)
Il Vangelo di oggi, allora, ci mette sotto gli occhi due cose: l'esigenza di Dio nell'Amore, ma anche la Sua grande Misericordia paziente....
Gesù non chiede una "mezza misura" di amore, ma un amore totalizzante.
E' vero, Pietro non ha il coraggio di dirGli "Ti prediligo- Ti amo al di sopra di tutto e più di tutti".
In un certo senso, si sente indegno di affermare un amore così forte.
Sa di avere tradito Gesù, soprattutto, sa di averlo fatto dopo avere invece sbandierato una sicurezza di amore che credeva incrollabile e che alla prima grande prova di "coraggio", è venuta meno.
Sfociando in un triplice rinnegamento.
Ecco che, allora, è Gesù ad abbassarsi verso Pietro.
"Diligis me"?
"Mi ami tu"?
Cristo comincia a togliere di mezzo i "paragoni": "Pietro, mi ami con amore di preferenza, anche se non per forza più di tutti gli altri"?
E nemmeno a questa domanda, Pietro trova il coraggio di dire :SI'.
Gesù si abbassa ancora di più : "Amas me"? "Mi vuoi bene"? "Phileis me"?
Gesù dice a Pietro: "Va bene, mi accontento del tipo di amore che per ora sai darmi...mi accontento di come tu ti senti già attirato da Me..."
Dio non ci forza la mano...ci prende per mano!
Ci dice: "Io sono un Dio esigente, ma per ora dammi quello che hai....per ora vieni a Me così come sei, lasciati attirare..."
Se andiamo poi a valutare la vicenda dal lato di Pietro, è interessante notare quel passaggio da "scis" a "cognovis" : sapere e conoscere.
"Tu SAI che ti voglio bene"
"Tu CONOSCI TUTTO, TU CONOSCI che ti voglio bene".
Sapere qualcosa può essere un fatto "nozionistico", un "vedere" solo sulla scorta delle capacità intellettive....
CONOSCERE QUALCUNO, AL CONTRARIO, E' AVERNE ESPERIENZA INTERIORE.
E' il verbo che Gesù utilizza per indicare l'amore fra il Pastore e le pecore (Gv 10,14); è quello a cui la Bibbia fa riferimento per esprimere l'unione carnale e intima fra gli sposi; è quello che san Giovanni cita nelle sue lettere per descrivere l' "esperienza" dell'Amore di Dio (1 Gv 3,16).
Cristo stesso ricorre a questo verbo per mostrare il rapporto che intercorre fra Lui ed il Padre (Gv 17,21)
San Pietro qui è quasi come qualcuno che...implori l'altro: "Signore, io so che Tu mi vedi dal di dentro, che Tu sei l'Unico capace di scrutarmi e conoscermi interiormente...non chiedermi più se ti ami, perché tu VEDI dentro di me"....
Che bella...dichiarazione d'amore!
Dopo aver detto per tre volte, nella notte del giovedì santo: "Non Lo conosco", ora Pietro dice a Gesù, per tre volte: TU MI CONOSCI DAL DI DENTRO, TU SAI CHE TIPO DI AMORE PROVI PER TE, molto meglio di quanto lo sappia io!
Come non pensare al Salmo 139: "Signore, tu mi scruti e mi conosci"!
Ecco...Pietro forse non ha il coraggio di professare -con le parole esatte- un amore totale, perché ha paura di non essere capace di una fedeltà assoluta; non vuole correre il rischio di ostentare -ancora una volta- una sicurezza spavalda!
Ma quanto si nasconde dietro quel :TU COGNOVIS ME!
"Tu mi vedi nel profondo, tu sai quale amore sento per Te nel mio cuore, quale più grande amore è nato in me, per Te, quando ho capito di averTi tradito, quando mi hai perdonato"!
Gesù sembra quasi stare alle condizioni di Pietro: sì, sa che lui lo sceglie con amore di preferenza e gli dice:
"Pasci le mie pecore.
"Pasci le mie pecore.
quando eri più giovane ti vestivi da solo e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti vestirà e ti porterà dove tu non vuoi.
Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E, detto questo, aggiunse: «Seguimi»".
Pietro avrà l'amore più grande: dare la vita per i propri amici!
E cosa potrebbe dargli tale forza, tale coraggio, se non la "scelta" di amare Dio con predilezione?
Ecco che allora, il concetto di "amore di amicizia" non viene svilito (ed è quindi ben più grande del semplice "phileo" greco): l'Amore che è Dio stesso lo include, anzi, noi stessi dobbiamo amare Dio non con amore di concupiscenza, ma con amore di amicizia.
Ecco perché Agapao-diligere-amare vengono utilizzati con riferimento all'amore verso il prossimo.
Ecco perché anche noi possiamo amare con amore di amicizia Dio stesso "aprendo a Dio il nostro cuore, tutta la nostra vita, perché gli amici non hanno segreti l'uno per l'altro.
Convivendo con Dio, perché è proprio dell'amicizia condividere esperienze di vita, e l'uomo convive con Dio quando si dedica alla contemplazione di Lui.
Godendo della presenza di Dio, delle Sue parole e delle Sue opere, perché l'amico gioisce della presenza, delle parole e dei gesti dell'amico.
Trovando in Dio consolazione in tutti gli affanni, perché nei momenti di tristezza ricorriamo soprattutto agli amici per essere consolati"
Trovando in Dio consolazione in tutti gli affanni, perché nei momenti di tristezza ricorriamo soprattutto agli amici per essere consolati"
"L'amico ama l'amico perché tende a formare in lui uno dei valori vitali più essenziali, l'amore stesso.
L'amore vuole al suo amico che questi ami a sua volta in modo disinteressato, che questi si elevi alla donazione di sé.
L'amicizia è l'unione di due persone che si amano in modo disinteressato".
(Padre Giovanni Maria Carbone, op- Ma più grande di tutte è la carità")
"Come il Padre ha amato me,
così anch'io ho amato voi.
così anch'io ho amato voi.
Questo è il mio comandamento:
che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati.
Nessuno ha un amore più grande di questo:
dare la vita per i propri amici".
che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati.
Nessuno ha un amore più grande di questo:
dare la vita per i propri amici".
(Gv 15, 9; 12-13)
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