LE PAROLE E IL TURBAMENTO
Riflessioni sul Vangelo della IV Domenica di Avvento (Anno B)
Beato Angelico, Annunciazione di Cortona (particolare, 1430 c.) In quel tempo, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Rallègrati, piena di grazia: il Signore è con te».
A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio».
Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei. (Lc 1,26-38) |
Il Vangelo della IV domenica di Avvento dell'anno B ci riporta indietro rispetto agli eventi narrati nelle precedenti domeniche, ritornando al momento in cui il Natale comincia a prendere forma, in un certo senso, nell'evento dell'annunciazione, quando il consenso di Maria al progetto di Dio rende umanamente possibile l'incarnazione.
La scena è intima, un colloquio a tu per tu fra l'angelo e la Vergine; all'invito alla gioia del primo segue il turbamento di Maria: l'evangelista Luca lo riannoda non all'arrivo della creatura angelica, ma proprio alle parole che egli pronuncia nel salutarla, parole che rivelano un contenuto su Maria e su Dio al di là di quanto Maria stessa potesse sapere, conoscere, intuire di se stessa e di Dio. Sono parole che sottolineano quindi anche la dimensione umana della Vergine, una dimensione di umiltà, di piccolezza non solo in senso relativo (Maria che si sente, che sa di essere piccola) ma anche in senso assoluto (Maria, che pur grande rispetto a tutte le creature, rimane comunque piccola rispetto a Dio, ma viene elevata da Lui).
È un dettaglio importante per la nostra riflessione, perché rammenta un po' quello che accade anche al credente, quando seriamente si sforza di condurre la propria vita spirituale, senza "tira e molla" con Dio, senza incoerenze (per quanto umanamente si possa), ma certamente con le personali e inevitabili fragilità umane.
Coltivare la vita interiore fa diventare "sensibili" a quella che normalmente chiamiamo la "voce della coscienza", ma che potremmo anche descrivere come la voce di Dio in noi.
Ma che cos'è la coscienza? Il Catechismo della Chiesa Cattolica così ne parla, al n. 1776: «Nell'intimo della coscienza l'uomo scopre una legge che non è lui a darsi, ma alla quale invece deve obbedire e la cui voce, che lo chiama sempre ad amare e a fare il bene e a fuggire il male, quando occorre, chiaramente parla alle orecchie del cuore. L'uomo ha in realtà una legge scritta da Dio dentro al suo cuore. La coscienza è il nucleo più segreto e il sacrario dell'uomo, dove egli si trova solo con Dio, la cui voce risuona nell'intimità propria».
Sacrario, nucleo segreto, una sorta di "nocciolo", potremmo anche dire. Quello in cui risiede il nostro punto di contatto più profondo fra il nostro io e Dio.
Quando ci si "allena" a sentire questa voce il turbamento, in un certo qual modo, non ha più spazio: diventiamo consapevoli del fatto che davvero la coscienza ci parla, e che in essa il nostro animo può farsi attento e responsivo alla voce di Dio.
Ma questo non ci rende le cose più facili, perché rimaniamo sempre anche in contatto con la nostra libertà, e perciò con la nostra scelta di renderci o meno docili nel rispondere a quello che Dio ci "suggerisce" di fare o non fare.
Il turbamento, la nostra profonda confusione, la lotta, nascono a volte in noi, ma è un turbamento diverso da quello di Maria, perché il suo è quasi come l'imbarazzo di una giovane timida davanti a un innamorato che ne dichiara le virtù e le bellezze in un modo "sovrumano". Il nostro "imbarazzo" è spesso, invece, il frutto delle nostre "piccinerie" (ben diverse dalla "piccolezza"): non ci riteniamo all'altezza di certe missioni nonostante Dio ci "dica" che si fida di noi; temiamo di metterci in gioco; non vogliamo cambiare i nostri progetti; preferiamo fare soddisfazione maggiore ai nostri egoismi, piccoli e grandi... e quante altre motivazioni si potrebbero ancora elencare!
E così facendo, dando ascolto non alla voce della coscienza-voce di Dio, ma alla nostra personale voce, lasciamo cadere nel vuoto quell'annuncio di cose nuove, di progetti "altri" che Dio ci chiede di attuare, anche nelle piccole cose di ogni giorno.
Il turbamento, la nostra profonda confusione, la lotta, nascono a volte in noi, ma è un turbamento diverso da quello di Maria, perché il suo è quasi come l'imbarazzo di una giovane timida davanti a un innamorato che ne dichiara le virtù e le bellezze in un modo "sovrumano". Il nostro "imbarazzo" è spesso, invece, il frutto delle nostre "piccinerie" (ben diverse dalla "piccolezza"): non ci riteniamo all'altezza di certe missioni nonostante Dio ci "dica" che si fida di noi; temiamo di metterci in gioco; non vogliamo cambiare i nostri progetti; preferiamo fare soddisfazione maggiore ai nostri egoismi, piccoli e grandi... e quante altre motivazioni si potrebbero ancora elencare!
E così facendo, dando ascolto non alla voce della coscienza-voce di Dio, ma alla nostra personale voce, lasciamo cadere nel vuoto quell'annuncio di cose nuove, di progetti "altri" che Dio ci chiede di attuare, anche nelle piccole cose di ogni giorno.
Perché il turbamento di Maria si risolve all'assicurazione dell'angelo su ciò che Dio farà in lei; il nostro, invece, spesso non svanisce perché, anche se diciamo di non fidarci di noi stessi, in realtà non ci fidiamo davvero, totalmente di Dio, che può condurci fuori dalle nostre "piccinerie" per farci grandi pur rimanendo "piccoli"!
Sta sempre dunque sempre a noi affinare non solo la capacità di udire la voce di Dio, ma anche quella di dire continuamente il nostro sì ogni volta che Egli irrompe nella nostra vita con i suoi "annunci." Solo così risponderemo veramente al suo progetto e non perderemo la capacità di avere orecchi capaci di sentire, in maniera sempre più affinata, quanto Egli ci chiede. Solo così potremo essere, come Maria, strumenti, servi del Signore, per il bene nostro e di quanti ci circondano.
Solo così, facendo della nostra vita quotidiana un "annuncio ben risposto", avrà veramente senso celebrare il Natale come ricordo del "nuovo annuncio" per eccellenza, come inizio "storico" della Buona Novella che in Gesù si è fatta carne.
Solo così, facendo della nostra vita quotidiana un "annuncio ben risposto", avrà veramente senso celebrare il Natale come ricordo del "nuovo annuncio" per eccellenza, come inizio "storico" della Buona Novella che in Gesù si è fatta carne.
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