L'OGGI CHE VALE UN'ETERNITÀ
Riflessioni sul Vangelo della XXVI Domenica del T.O.
Gesù disse ai capi dei sacerdoti e agli anziani del popolo: «Che ve ne pare? Un uomo aveva due figli. Si rivolse al primo e disse: “Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna”. Ed egli rispose: “Non ne ho voglia”. Ma poi si pentì e vi andò. Si rivolse al secondo e disse lo stesso. Ed egli rispose: “Sì, signore”. Ma non vi andò. Chi dei due ha compiuto la volontà del padre?». Risposero: «Il primo». E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: i pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. Giovanni infatti venne a voi sulla via della giustizia, e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, avete visto queste cose, ma poi non vi siete nemmeno pentiti così da credergli». (Mt 21,28-32) |
Il Vangelo della XXVI settimana del tempo ordinario propone ancora il tema "della vigna" in cui essere operai. Ma stavolta Gesù-Maestro, pedagogo dello spirito, riempie l'argomento di sfumature nuove, per condurre gli ascoltatori a un livello nuovo nella comprensione del Regno.
«Figlio, oggi va’ a lavorare nella vigna», dice il padre ai figli, e in quell'oggi sembra risuonare ancora una volta la parola ascoltata domenica scorsa, quando il padrone era uscito per cercare lavoratori da prendere «a giornata» (Mt 20,1).
In sottofondo alla parabola c'è allora il tema del "tempo" che sembra cristallizzarsi nella dimensione così "breve" (o così "lunga) della giornata, dell'oggi.
Da una parte potrebbe spaventare questo senso di "precarietà", di incertezza di un lavoro che per oggi c'è ma domani? E dall'altro questo concetto sembra rimandare anche all'idea della pena che accompagna ogni giorno, della fatica che il lavoro richiede.
In una rilettura "unitaria" del Vangelo sembrano però risuonare due parole di Gesù, che vanno però nella stessa direzione.
La prima: «A ciascun giorno basta la sua pena» (Mt 6,34).
È inutile affannarsi per il domani, l'importante è impegnarsi qui e adesso, senza pensare alle fatiche del domani. Lavorare è difficile, richiede dedizione, sudore, concentrazione, e quando si lavora nel campo di un altro, in una vigna che non è la propria... è ancora più difficile. Ci si potrebbe far prendere da tanti pensieri sbagliati: l'invidia per la ricchezza altrui, l'indifferenza per il lavoro stesso, la brama del solo guadagno, il desiderio di imbrogliare. È qui che Gesù cerca di far fare un passo avanti a chi lo ascolta: non siamo più davanti a un padrone e ai suoi operai (come nel Vangelo della XXV domenica) ma davanti a un padre con i propri figli. Come in una progressione, la Liturgia della Parola mostra che Dio non è semplicemente un "padrone giusto" che fa delle sue cose quello che vuole, che ricompensa chiunque lavori, anche solo per poche ore, nella sua vigna. Dio è un Padre e chiede di collaborare con Lui nel lavoro dell'amore. Il padre di questa parabola non dice infatti :«Va' a lavorare nella MIA vigna», ma semplicemente «Va’ a lavorare nella vigna”» (v. 28). Non dice nemmeno "nostra", perché da ciascuno dei suoi figli della dipende il sentirla come "propria".
Così è anche per ogni discepolo: solo quando davvero ci si sente "a casa di Dio" in qualunque luogo ci si trovi (perché tutto è vigna, tutto è campo in cui agire da cristiani) allora si può rispondere positivamente alla domanda di andare a lavorare, e il lavoro non sarà più un'imposizione, un comando strano (perché a lavorare ci potrebbero andare i servi, non i figli!), ma quel giogo dolce che Gesù stesso ha voluto portare sulle sue spalle, venendo a lavorare nella vigna del Padre. Qui sta la seconda parola di Gesù che sembra essere richiamata dal Vangelo di questa XXVI domenica: «Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero» (Mt 11,29-30).
Questo giogo, questo "dolce" impegno dell'amore da costruire insieme a Dio, si può decidere di portarlo da subito, oppure si può all'inizio dire di no, o avere quelle giornate in cui la risposta all'invito a lavorare "oggi" diventa negativa, nonostante il cammino fatto... ma Dio è un Padre paziente, che sempre aspetta il sì dei suoi figli, che sempre attende che essi, con umiltà, con l'umiltà imparata dal Figlio Unigenito, tornino sui propri passi e vadano a lavorare nella vigna.
Per oggi, per quell'oggi da costruire giorno dopo giorno, nella consapevolezza che il futuro si gioca adesso, nel momento presente.
Un momento che può valere un'eternità.
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