venerdì 14 aprile 2017

Pensieri per lo spirito


LA SCONFITTA CHE CI RENDE CREDIBILI
Meditazioni per la Settimana Santa


Il Venerdì Santo siamo invitati ad adorare la Croce, il trono su cui Gesù viene glorificato. Lo stesso trono attraverso il quale il Padre, in Cristo, glorificherà noi. È dura accettare l'apparente sconfitta di un Dio che definiamo Onnipotente, ma proprio la sconfitta diventa lo strumento della sua credibilità,  perché Egli, fino alla fine, tiene fede alle sue promesse.



William Bouguereau, Compassione!, 1897
Parigi, Musee d'Orsay 




LA VITTORIA DI DIO NELLA SUA SCONFITTA

La Liturgia odierna, quella in cui in maniera solenne facciamo memoria della Passione del Signore, è dominata da vari sentimenti: la sofferenza, l'obbedienza, il rifiuto, l'adorazione. E non si può comprendere proprio il sentimento/atto del nostro adorare la Croce se non ricordando anche l'atto del glorificare, in questo Venerdì di Passione. Tema che emerge già nel Quarto canto del Servo del Signore (Is 52, 13- 53, 12) proclamato quale prima lettura.
Si tratta di un canto che profetizza (e per noi riassume) le sofferenze patite dal Cristo, ma nella prospettiva finale, quella della gloria riservatagli da Dio Padre:
«Ecco, il mio servo avrà successo, 
sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente» (Is 52, 13).
Il Padre, che parla nella Scrittura per mezzo del profeta, ci immette subito nella prospettiva da cui guardare la Croce, non vedendo in essa uno scandalo o una sconfitta dell'Uomo-Dio Gesù Cristo, ma un trampolino di lancio per il compimento dello Scritture, per la piena riuscita della missione salvifica divina, per la realizzazione del progetto del Padre che si attua in Cristo, l'uomo sofferente, umiliato, apparentemente distrutto. Proprio attraverso la sconfitta umana di Gesù e della sua storia personale si realizza una vittoria senza pari. Una vittoria invisibile ai soli occhi umani, incomprensibile se analizzata semplicemente attraverso criteri razionali e mondani, ma che abbraccia in verità lo spirito e la carne, il mondo intero: dal Gesù morto e risorto sarà infatti possibile il rinnovamento di tutte le cose (cfr. Ap 21, 5).
Ecco perché siamo chiamati ad adorare la Croce: essa è strumento di vita, non di morte; strumento di vittoria sul peccato che deturpa l'uomo, le sue relazioni con Dio e con gli altri uomini, il suo rapporto con il creato.
Attraverso la Croce Dio permette all'uomo di raggiungere una dimensione nuova, quella di creatura perfetta, nell'Uomo perfetto: Gesù Risorto.
Lo anticipa già Isaia, quando in esso leggiamo che
«Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce
e si sazierà della sua conoscenza;
il giusto mio servo giustificherà molti,
egli si addosserà le loro iniquità» (Is 53, 11).
Isaia rimarca che la vittoria di Cristo si rende possibile nell'obbedienza al progetto del Padre. Così come pure fa san Paolo nella lettera agli Ebrei, proclamata quale seconda lettura (Eb 4,14-16; 5,7-9). Un progetto che comporta la via della mortificazione, della prova, ma proprio in questa obbedienza Gesù risulta vittorioso: Egli si abbandona al Padre e continua a testimoniare la Verità anche quando ciò comporta pagarne il prezzo sulla propria pelle. Tutta la missione di Gesù è coronata dalla Croce, massimo simbolo della straordinaria fede di questo Uomo che non rinuncia a essere pienamente se stesso nella fedeltà alla propria vocazione.

Gesù: un credente credibile

Gesù ha dato testimonianza con la propria vita. Gesù è stato integralmente coerente nel suo credere e nel suo agire, tanto da aver rischiato più volte di morire prima ancora di essere crocifisso; tanto da essere definito come un pazzo e un blasfemo; tanto da essere stato incompreso dai suoi discepoli, tradito da Giuda, rinnegato da Pietro, abbandonato da tutti (eccezion fatta per pochissimi) ai piedi della Croce.
Già in questa esperienza vi è una vittoria: la vittoria (per amore di Dio e degli uomini) sulla paura umana, sull'egoismo, sul desiderio di facile accondiscendenza sociale che conduce a una falsa gloria.
Cristo vive il proprio rapporto di figliolanza con Dio Padre come risposta d'amore a un progetto grande, apparentemente assurdo, irrazionale. La stessa risposta che dà Maria, quando si mette in cammino, da pellegrina nella fede, con la rivoluzione che comporta per lei il diventare madre di Dio.
E anche adesso, con Gesù sulla Croce che interroga il Padre sul perché del suo silenzio, ritroviamo Maria, di cui i Vangeli non riportano neppure una parola in questo momento così drammatico. 
Il silenzio del Padre e quello della madre ci preparano al silenzio del Figlio, al silenzio mortale di Gesù. 
Ma sono silenzi carichi di credibilità: Dio Padre tiene fede alla sua promessa di salvezza, che per attuarsi deve passare attraverso la sofferenza liberamente accettata del Figlio; la Madre tiene fede al suo ad un progetto più grande di lei: cosa potrebbe dire davanti agli impenetrabili disegni divini?  Come potrebbe ribellarsi alla missione di suo Figlio, lei che lo ha conosciuto meglio di chiunque altro?
Anche il silenzio di Gesù dopo la sua morte è un silenzio credibile, perché preceduto dalla consegna del proprio spirito al Padre e di quella della madre al discepolo Giovanni. Gesù non rinuncia a credere che il Padre e la madre siano intimamente accanto a Lui, anche se tacendo. Il silenzio della morte di Cristo sarà così colmato di speranza e di fede.

Un messaggio per l'uomo: credenti credibili

L'esperienza dell'obbedienza di Cristo al progetto del Padre ci conduce sul mistero grande della credibilità del nostro credere. 
Il Cristo che cammina verso la Croce e che su di essa muore, affidando la propria anima al Padre dopo un grido che racchiude tutti i perché esistenziali e spirituali dell'umanità, ci dice che è possibile spendere la propria esistenza nella coerenza d'azione e di fede anche quando non riusciamo ad avere piena comprensione del progetto di Dio su di noi, sulla nostra vita; anche quando testimoniare la fede diventa motivo di ostilità nei nostri confronti.
La nostra credibilità ha il fondamento della speranza in una giustizia e in una verità assoluta, che avranno la meglio nella dimensione della vita eterna, in quella dimensione così fuori dai nostri schemi umani e dalle nostre categorie di pensiero, ma anche così rispondente alla nostra intima e inarrestabile sete di tutto ciò che è buono, giusto, vero, bello.
Essere credenti credibili è possibile proprio a partire dall'esperienza umana e spirituale di Gesù, il Gesù dell'abbandono nella fede, il Gesù del silenzio che palpita nell'attesa.
Nel nostro cammino, costellato di croci, dobbiamo e possiamo camminare assieme a Lui, in una sorta di compassione vicendevole. La nostra debolezza si appoggerà alla sua forza, la sua debolezza di Uomo Crocifisso troverà sostegno nel nostro desiderio di continuare a percorrere la strada accanto a lui, come piccoli cirenei.
La nostra apparente sconfitta sarà, in realtà, un passo in avanti verso la nostra vittoria finale, verso la nostra meta ultima: la vita da risorti, in Cristo, con Cristo e per Cristo.

2 commenti:

  1. La credibilità di Gesù...
    Bella lente di comprensione e di approfondimento del mistero di Gesù, soprattutto nel massimo evento di sconfitta-vittoria, abbassamento-esaltazione.
    Una bella e utile chiave di lettura anche per la nostra vita spirituale.
    Grazie, Maria... la prossima volta posta le tue riflessioni o alla sera del giorno prima o al mattino presto, pur rispettando i tuoi giusti sonni.
    Magari così danno una bella dritta alla giornata, come un sorso di caffè spirituale, o il primo raggio illuminante del giorno.

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    1. Hai ragione, avrei dovuto postare prima... cercherò di organizzarmi meglio tenendo conto di quel che dici. Grazie a te per i tuoi commenti!

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