lunedì 19 agosto 2013

LA PACE DI GESU'....riflessioni sul Vangelo


Troppo tempo ho abitato
con chi detesta la pace.

Io sono per la pace,
ma essi, appena parlo,
sono per la guerra.

(Sal 120,6-7)


Il salmo 120 compare nella Liturgia delle Ore di quest'oggi.
Nel recitarlo ho immediatamente ripensato alle parole pronunciate ieri da Gesù, nel Vangelo della XX Domenica del T.O. (anno C):

"Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? 
No, io vi dico, ma divisione. 
D'ora innanzi, se in una famiglia vi sono cinque persone, saranno divisi tre contro due e due contro tre; si divideranno padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera»." 
(Lc 12,51-53)


Le affermazioni di Cristo Signore sulla pace e sulla guerra, di primo acchito lasciano qualcuno un po' perplesso.
Che novità è mai questa, di un Dio che dice di portare la guerra, la divisione?



A scandagliare la Bibbia -Antico Testamento in primis- ci si accorge che in realtà non c'è..."niente di nuovo sotto il sole" (Qo 1,9).
Lo Shemà Israel ("Tu amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente"  Dt 6,5) è fin dall'inizio della storia della salvezza un comando esigente, che costringe a mettere un po' l'uomo con le spalle al muro: Dio o...ciò che non è Dio.
Siamo davanti ad un "imperativo" così decisivo che proprio il Signore dice al Suo Popolo : 
"Questi precetti che oggi ti dò, ti stiano fissi nel cuore; li ripeterai ai tuoi figli, ne parlerai quando sarai seduto in casa tua, quando camminerai per via, quando ti coricherai e quando ti alzerai. 
Te li legherai alla mano come un segno, ti saranno come un pendaglio tra gli occhi e li scriverai sugli stipiti della tua casa e sulle tue porte".  (Dt 7-9)

C'è una chiave di lettura per comprendere la connessione fra questi versetti del Vecchio Testamento e il Nuovo, un concetto che nel Deuteronomio troviamo in "il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo" (Dt 6,4), ma che rimanda alla "novità" manifestata per la prima volta, attraverso le Tavole della Legge:
 "Non avrai altri dei di fronte a me. 
Non ti farai idolo né immagine alcuna di ciò che è lassù nel cielo né di ciò che è quaggiù sulla terra, né di ciò che è nelle acque sotto la terra. 
 Non ti prostrerai davanti a loro e non li servirai".  
(Es 20,3-5) 


Se davvero si vuole adorare Dio al di sopra di tutto e tutti, occorre evitare di "idolatrare" tutti gli altri e tutto il resto.
Mettere il Signore -e la Sua Legge- davanti a chiunque, a volte è difficile, perché tocca affetti, aspirazioni, bisogni profondi dell'uomo.
Questo è però quello che ci insegna Gesù: la radicalità evangelica che viene richiesta ai primi discepoli -gli apostoli- (lasciare le barche, lasciare i genitori, fare che i morti seppelliscano i loro morti...), e poi a tutti i chiamati (non voltarsi indietro dopo aver messo mano all'aratro, abbandonare padre, madre, fratelli, sorelle) è un' opzione decisiva, alla quale non si può rispondere con tentennamento.

Questa radicalità evangelica non è -e occorre notarlo!- una prerogativa impegnativa solo nella vita consacrata.
No: Gesù parla di nuore, suocere, figli, marito e mogli!
La "radicalità" del "Dio al primo posto" vale per tutti i cristiani!
Il rischio di fare del marito, della moglie, dei figli o delle cose (come non pensare al giovane ricco, che disdegna la sequela per via dei suoi molti beni?) un "altro dio" fuori dall'Unico Dio è sempre alto. Questo vuole dirci il Vangelo.
Vivere secondo la Legge di Dio è un ribadire la propria sequela giorno dopo giorno:
anche contrapponendosi a diverse ideologie o pareri delle persone più care; anche rinunciando a dei beni che ci tengono attaccati ad essi come se fossero "dei"; anche sapendo che dire "SI" a Cristo è a volte dire un "no" a quelli che ci circondano.
Anche lottando contro sentimenti profondi (ma non sempre....retti) che toccano le corde più intime del cuore dell'uomo (come non pensare a Davide, che per avere Betsabea trasgredisce la Legge Divina, uccidendo il marito di lei?)

La pace di Cristo scatena dunque una guerra: con gli altri, con noi stessi, "dentro" noi stessi.
La guerra è questa, ma è una guerra che può essere foriera di pace: lo è sicuramente per la coscienza di chi sa di agire secondo i comandamenti di Dio, può diventarlo per chi, mosso dal buon esempio del cattolico fedele, è spinto ad una ricerca più profonda delle...ragioni della fede .
Nel corso dell'Ultima Cena, Gesù dona questo testamento ai Suoi discepoli: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace.
Non come la dà il mondo, io la do a voi. 
Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore". 
(Gv 14,27)

La pace di Gesù è una pace diversa da quella mondana.
Non accetta il compromesso per quieto vivere, per tornaconto personale, per bisogno.
No.
La pace di Gesù è il coraggio della Verità.
Di  credere sempre nella Verità, di professare la Verità, di opporre la Verità alla menzogna.

Questo può scatenare una guerra, provocare la derisione, l'isolamento, in alcuni casi portare al martirio.

Ma a ciascuno di noi, quest'oggi, il Signore ripete: Non temere...Io sono con te!

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