lunedì 22 aprile 2013

IDEOLOGIA E OTTIMISMO IDEOLOGICO DANNO UNA FALSA CHIAVE DI LETTURA DEL VANGELO. Meditando sulle correnti mondane e ideologiche nella Chiesa - con l'aiuto di J. Ratzinger e Papa Francesco


Ideologia e ottimismo ideologico: sono termini che in questi ultimi giorni risuonano spesso nella mia mente.

Mi fanno pensare -in primo luogo- a quanto già capitava al tempo di Gesù di Nazareth, allorché dottori della Legge, scribi e farisei amavano "i primi seggi nelle sinagoghe, i primi posti nei banchetti e i saluti nelle piazze" (Mc 12,39; Lc 11,43), ed ergendosi ad unici depositari, interpreti ed applicatori della Legge, caricavano "gli uomini di pesi insopportabili", senza però toccarli "nemmeno con un dito"! (Lc 11,46)

Ottimismo ideologico e ideologia rimandano anche all'episodio della donna adultera, trascinata davanti a Gesù da farisei e scribi, i quali, messi con le spalle al muro dall'inquietante interrogativo di Cristo "Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei" (Gv 8,7), tagliarono letteralmente la corda.
Segno eloquente di come, a dispetto della loro "esteriorità" di perbenismo e stretta osservanza della Legge, probabilmente non fossero esenti proprio da quel peccato che accusavano nella malcapitata di turno, nel capro espiatorio del momento.

Cristo fu lapidario, con questi falsi "teologi", e non ebbe vergogna di additarli con parole forti, pregne di significato spirituale, oltre che di riflessi sociali per quanti Lo ascoltavano (un discredito immediato dei sapienti agli occhi degli interlocutori!):
"Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all'esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume". (Mt 23,27)


L'incoerenza, la falsa moralità -il "moralismo"-, il finto perbenismo erano già di moda al tempo di Gesù e nella casta religiosa che avrebbe dovuto dare ben altri esempi di trasparenza cristallina.

Per questo la venuta di Cristo non poteva apparire "cosa buona" agli occhi di tanti dottori della Legge, scribi e farisei.
Gesù era davvero l'ago della bilancia che faceva notare il "disequilibrio", la Verità che metteva a nudo il profondo stridore tra una religione di facciata e il "marcio" che c'era invece al suo interno.

La strategia che gli ideologi del tempo cercavano di adattare era una sola, la più semplice secondo loro: togliere di mezzo "la spada di Damocle" (cioè il Figlio di Dio!), fingendo che fosse Lui il vero problema, dicendo in sostanza: nella nostra religione tutto va bene così com'è, tu vieni a "guastare", diventi elemento di rottura...dobbiamo quindi mandarti via.

Questi ideologi ragionavano secondo una logica di incoerenza: si ergevano a "teologi", ad interpreti della morale, ma non facevano quello che dicevano, quindi si "adattavano" alla mondanità del momento.
Pretendendo dagli altri un'osservanza rigorosa della Legge.


Un meccanismo del genere consentiva loro di tenere sotto controllo tutte le classi sociali:
da un lato quella dei poveri ed umili, i "deboli"  "oppressi" da un giogo pesantissimo in virtù di un falso ottimismo che mostrava il fardello morale come la strada per raggiungere la perfezione religiosa;
dall'altra quella dei più ricchi, che in un certo senso trovavano un appoggio, una "giustificazione" nella connivenza tra potere e vizio che si annidava anche in buona parte dei religiosi del tempo, riuscendo a far convivere le più disparate convinzioni pseudo religioso-politiche con la Legge Mosaica.

Questo connubio tra ottimismo e ideologia trova spazio anche nella Chiesa Cattolica.

Lo denunciava già San Paolo, allorché scriveva ai Corinti, popolo neoconvertito, che però viveva in un clima culturale particolarissimo, in cui correnti di pensiero e di religione differenti si scontravano, portando proprio al rischio di un "relativismo" impazzito:

"Temo infatti che, venendo, non vi trovi come desidero e che a mia volta venga trovato da voi quale non mi desiderate; che per caso non vi siano contese, invidie, animosità, dissensi, maldicenze, insinuazioni, superbie, disordini, e che, alla mia venuta, il mio Dio mi umilii davanti a voi e io abbia a piangere su molti che hanno peccato in passato e non si sono convertiti dalle impurità, dalla fornicazione e dalle dissolutezze che hanno commesso".
(2 Cor 12, 20-21)

Quando oggi sento parlare di una religione cattolica in cui tutto improvvisamente va bene, in cui i problemi sono risolti, anzi, magicamente scomparsi, il quadro che mi appare è esattamente questo: di un falso ottimismo ideologico.

O di finta moralità che in realtà è moralismo.
Duemila anni dopo la venuta di Cristo, la situazione descritta da San Paolo si ripropone: viviamo in un contesto così "imbevuto" di ideologie e correnti religiose diverse, di credi fai da te, che l'immoralità travestita da moralismo o le contaminazioni politiche rischiano di dilagare anche nella Chiesa.


Coperta da un manto di "ottimismo" per mascherare il marcio.



Scriveva J. Ratzinger -Benedetto XVI-, in "Guardare Cristo -Esercizi di fede, speranza e carità":


"Che cosa bisognava pensare della glorificazione di un ottimismo semplicemente contrario alla realtà?


L'ottimismo poteva essere semplicemente una copertura, dietro la quale si nascondeva proprio la disperazione che si cercava in tal modo di superare.

Ma poteva trattarsi anche di peggio: questo ottimismo metodico poteva essere semplicemente una copertura, dietro la quale si nascondeva proprio la disperazione di quanti desideravano la distruzione della vecchia Chiesa e che, senza tanto rumore con il mantello di copertura della riforma, volevano costruire una Chiesa completamente diversa, di loro gusto, che però non potevano iniziare per non scoprire troppo presto le loro intenzioni.

Il pubblico ottimismo era una specie di tranquillante per i fedeli, allo scopo di creare il clima adatto a disfare possibilmente in pace la Chiesa e acquisire il dominio su di essa.

Il fenomeno dell'ottimismo avrebbe perciò due facce: da una parte suppone la beatitudine della fiducia, anzi la cecità dei fedeli, che si lasciano calmare da buone parole; consiste dall'altra in una consapevole strategia per un cambiamento della Chiesa in cui nessun'altra volontà superiore -volontà di Dio- ci disturba più, né inquieta più la coscienza, mentre la nostra propria volontà ha l'ultima parola.

L'ottimismo
sarebbe alla fine 
la maniera di liberarci della pretesa,
fattasi ormai ostica,
del Dio vivente sulla nostra vita.

Altra ipotesi: che un simile ottimismo fosse semplicemente una variante della fede liberale nel progresso perenne: il surrogato borghese della speranza perduta della fede.

Giunsi infine al risultato che queste componenti agivano insieme, senza che si potesse facilmente decidere quale di esse, e quanto e dove, avesse il peso prevalente.

L'ottimismo ideologico, questo surrogato della speranza cristiana, dev'essere distinto da un ottimismo di temperamento e di disposizione.

L'ottimismo di temperamento è una cosa bella e utile nelle angosce della vita.
Deve essere sviluppato e coltivato per formare positivamente la fisionomia morale di una persona. 
Allora esso può crescere mediante la speranza cristiana e diventare ancoa più puro e più profondo; viceversa in un'esistenza vuota e falsa esso può decadere e divenire pura facciata.

IMPORTANTE E' NON CONFONDERLO CON L'OTTIMISMO IDEOLOGICO, MA ANCHE NON IDENTIFICARLO CON LA SPERANZA CRISTIANA, la quale può crescere su di esso, ma come virtù teologica è una qualità umana di profondità di gran lunga maggiore e di altro rango.

L'OTTIMISMO IDEOLOGICO PUO' REGGERSI SU BASE SIA LIBERALE CHE MARXISTA.
In entrambi i casi, la sua specie di ottimismo è una SECOLARIZZAZIONE
DELLA SPERANZA CRISTIANA.

IL FINE DELLA SPERANZA CRISTIANA E' IL REGNO DI DIO, cioè l'unione di uomo e mondo con Dio mediante un atto di divino potere e amore.

L'OTIMISMO IDEOLOGICO
E' PURA FACCIATA
DI UN MONDO SENZA SPERANZA,
UN MONDO CHE CON QUESTA ILLUSORIA FACCIATA
VUOLE NASCONDERE
LA SUA PROPRIA DISPERAZIONE".


Se si vuole essere cattolici che sanno usare "fides et ratio" si deve constatare che oggi -anche nella Chiesa- sussitono correnti di pensiero fortemente impregnate da queste forme di ottimismo descritte da Benedetto XVI.
Si passa dall'ottimismo di certi mass-media a quello un po' "ingenuo" di molti fedeli, così come pure a quello più pericoloso di chi nella stessa istituzione religiosa pronuncia parole in palese contrasto col Vangelo, con la dottrina ed il Magistero.

E' l'ottimismo a mio avviso più pernicioso, perché rischia di ingenerare ancora maggiore "cecità dei fedeli", da un lato conquistandosi le simpatie di chi vive in palese contrasto con il contenuto della nostra fede; dall'altro ingenerando una sorta di "rabbonimento" dei costumi in altre persone, più facilmente plasmabili per la loro scarsa formazione teologica, dottrinale, biblica.

A fronte di queste riflessioni, è facile allora comprendere la preoccupazione che agita anche Papa Francesco, che pochi giorni fa, nell'omelia mattutina in Santa Marta, ci ha messi in guardia proprio da queste correnti "ideologiche" e dal "moralismo".


Credo che il piccolo excursus della situazione presente al tempo di Cristo ed anche il pensiero di Benedetto XVI possano aiutare a calarci meglio, con grande concretezza, nelle parole del Papa:



"La Parola di Gesù va al cuore perché è Parola d’amore, è parola bella e porta l’amore, ci fa amare. 


Questi tagliano la strada dell’amore: gli ideologi.

E anche quella della bellezza.

Quando entra l’ideologia, nella Chiesa, quando entra l’ideologia nell’intelligenza del Vangelo, non si capisce nulla.

Sono quelli che camminano solo “sulla strada del dovere”: è il moralismo di quanti pretendono realizzare del Vangelo solo quello che capiscono con la testa.
Non sono “sulla strada della conversione, quella conversione a cui ci invita Gesù.

E questi, sulla strada del dovere, caricano tutto sulle spalle dei fedeli. 




Gli ideologi falsificano il Vangelo.
Ogni interpretazione ideologica, da qualsiasi parte venga – da una parte e dall’altra – è una falsificazione del Vangelo.

E questi ideologi – l’abbiamo visto nella storia della Chiesa – finiscono per essere, diventano, intellettuali senza talento, eticisti senza bontà.
E di bellezza non parliamo, perché non capiscono nulla. 

Invece, la strada dell’amore, la strada del Vangelo è semplice: è quella strada che hanno capito i Santi.

I Santi sono quelli che portano la Chiesa avanti! 
La strada della conversione, la strada dell’umiltà, dell’amore, del cuore, la strada della bellezza …"

Uniamoci alla preghiera del Santo Padre Francesco, affinché la Chiesa venga liberata da queste interpretazioni ideologiche che creano confusione, che distolgono dalla vera bellezza, dal vero Amore.  
Che seminano solo relativismo e moralismo.
Combattiamo in prima persona, con la coerenza della vita, che è la migliore testimonianza che possiamo offrire alla Verità.

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