sabato 26 giugno 2010

IL REGNO DI DIO E' DENTRO DI NOI


Capisco e so per esperienza che il regno di Dio è dentro di noi. 
Gesù non ha affatto bisogno di libri né di dottori per istruire le anime; Dottore dei dottori, Egli insegna senza rumor generale di parole. 
Mai l'ho udito parlare, ma sento che Egli è in me, ad ogni istante mi guida, mi ispira quello che devo dire o fare.
Scopro, proprio nel momento in cui ne ho bisogno, delle luci che non avevo ancora visto; il più delle volte non è durante le orazioni che sono più abbondanti, ma piuttosto tra le occupazioni della giornata”. (Santa Teresina del Bambin Gesù -Storia di un'anima)

Oh, anima bellissima fra tutte le creature, che tanto desideri sapere dove si trova il tuo Amato per cercarlo e unirti a Lui! 
Ora ti vien detto che tu stessa sei il luogo dove Egli dimora, il rifugio e il nascondiglio dove si cela. 
E' motivo di grande gioia per te constatare che tutto il tuo bene e la tua speranza è tanto vicino a te da essere dentro di te, o per meglio dire, che tu non puoi stare senza di lui. 
Ecco, dice lo Sposo, il regno di Dio è dentro di voi! (Lc 17,27). E il suo servo, l'apostolo Paolo, dice: Voi siete tempio di Dio (2 Cor 6,16)”.

Sono parole di San Giovanni della Croce, contenute nel “Cantico spirituale” e riferite al tema dell'intima unione fra l'anima e Dio. Un'unione che, di fondo, esiste sempre in ogni essere umano, come principio “vitale”, ma anche un legame che noi stessi possiamo (anzi, dobbiamo!) “approfondire”, intensificare, “donare” a chi ci sta intorno.
E' sempre il mistico spagnolo che sottolinea l'importanza, per il cammino cristiano, del prendere coscienza di questa “presenza” che abita in ciascuno di noi: “è una grande gioia per l'anima sapere che Dio non le manca mai: anche se è in peccato mortale, tanto più se è in grazia! Cos'altro cerchi fuori di te, se dentro di te hai la tua ricchezza, il tuo piacere, la tua soddisfazione, la tu pienezza e il tuo regno, cioè il tuo Amato, che la tua anima cerca e desideri”?

Dio non abbandona nessuno, decide di rimanere nell'anima, anche quando questa l'offende con il peccato, con l'incredulità, con la noncuranza.
Egli rimane presente e aspetta, silenziosamente, che l'uomo acquisti consapevolezza della grandezza dell' “ospite” che abita in lui e decida di “fare amicizia”.
E l'amicizia con Dio esige che noi impariamo ad ascoltare la Sua voce, capirne i gusti, antiparne i desideri. Non c'è nulla di diverso rispetto a quanto accada fra due persone: l'affetto si manifesta attraverso un venirsi incontro che può essere “reale”, concreto, produttivo, solo se si impari davvero a conoscere quali siano le necessità, le aspirazioni dell'altro, ciò che gli sia gradito, ciò che (al contrario) l'offenda.
Nel caso in cui l'altro sia l'Altro con la a maiuscola, il problema principale è il “mutismo” apparente di un Dio che non ci parla così come noi intendiamo il dialogo, ossia con parole “vere”, umane. L'ascolto, tuttavia, diventa più che mai necessario, ed è un “tendere le orecchie” al silenzio, che è uno dei “linguaggi” preferiti del Creatore.

Dice sempre San Giovanni della Croce: “tu insisti: se è in me Colui che la mia anima ama, perché non lo trovo e non lo sento? Il motivo è che Egli è nascosto e tu non ti nascondi come Lui per trovarlo e sentirlo. Il tuo Sposo amato è il tesoro nascosto nel campo della tua anima, per il quale l'accorto mercante diede tutti i suoi averi”.
Il discorso è semplice, ma “impegnativo” nella sua realizzazione pratica: il silenzio che ci aiuta a scoprire la voce silenziosa di Dio è in realtà non solo un silenzio di “parole”, ma di tutto ciò che non ci aiuta a considerare solo Dio il nostro fine.
Il silenzio lascia che ad agire in noi sia la Parola, letta e meditata, ci permette di pregare di più e meglio!
Solo cosi', persone, desideri, cose materiali, possono essere “reinterpretati”, e ricollocati in un ordine “gerarchico” in cui il Creatore abbia il primo posto. (“Chi ama il padre o la madre più di me, non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me, non è degno di me. Chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà” Mt 10, 37-39)

Nulla ti turbi. Nulla ti spaventi. Tutto passa. Dio non cambia. La pazienza tutto ottiene. Nulla manca a chi possiede Dio. Dio solo basta”.
Santa Teresa d'Avila ci ha lasciato queste parole che sono un “compendio” di quanto detto fino ad ora. 
Il cammino di “perfezione” verso la santità a cui tutti siamo chiamati, esige che le preoccupazioni materiali, i nostri desideri, finanche gli affetti umani, siano visti non come fine ultimo, ma vissuti senza “attaccamento” morboso, puramente umano. Quando anche tutto ci venisse a mancare, Dio ci rimarrebbe ancora e sarebbe il nostro tutto.
E se noi decidiamo di impegnarci in questa difficoltosa (per la natura umana) amicizia con Dio, la nostra volontà, la nostra pazienza, saranno ricompensate.

Ma una volta raggiunto questo obiettivo (Dio al primo posto e amicizia con Lui, che si nutre in un dialogo ininterrotto), bisogna fare un passo ulteriore.
Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami”.(Mt 13, 31-32)
L'uomo si converte, comincia a seminare nella propria anima quel “piccolo” seme che è la Fede. Poco a poco, questa semina, con la pazienza tipica di chi deve impedire all'erbaccia di crescere nel proprio terreno, inizia a produrre frutto....e quel frutto non è destinato solo all' “agricoltore”, ma anche agli altri che si trovano a passare per il campo!
E questi “altri” sono i nostri familiari, gli amici, i semplici conoscenti, perfino gli estranei!
La parabola dei talenti, è facilmente ricollegabile a questi versetti del Vangelo di Matteo.
Ciascuno di noi, qualunque dono (grande, meno grande, importante, meno importante) abbia ricevuto dal Signore, deve metterlo a “disposizione” degli altri.
La vita cristiana è vita “comunitaria” e tenere la propria lampada sotto il moggio, non è quello che ci viene chiesto!
Ecco che allora il “nido” di cui Gesù parla, in un certo senso diventa un “riparo” per gli altri, che noi stessi possiamo offrire loro.
La nostra fede, la nostra maturazione spirituale, possono divenire stimolo per chi ci sta intorno.
Noi siamo chiamati ad essere apostoli e non dobbiamo avere vergogna o timore nel donare ciò che abbiamo ricevuto. La parabola del maggiordomo, è un esempio eloquente di questo concetto: “qual è dunque il servo fidato e prudente che il padrone ha preposto ai suoi domestici con l'incarico di dar loro il cibo al tempo dovuto? Beato quel servo che il padrone al suo ritorno troverà ad agire così!” (Mt 24, 45-46)

Il Signore vuole che noi ci “nutriamo” vicendevolmente, infatti, nell'episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci, gli stessi dodici furono i primi a realizzare, sotto la “supervisione” di Gesù (è Lui che benedice il cibo e lo dà ai discepoli!) questa “donazione”.
Il pane ed il pesce sono elementi materiali, ma anche simbolici, rappresentano i nostri doni (i talenti), che per effetto della Grazia del Signore, noi stessi siamo invitati a offrire, a condividere con gli altri. 
Ecco che allora, il nostro “poco” si moltiplica e basta a sfamare tutti!
Se sapremo essere generosi con i nostri fratelli, riconoscendo che ciò che “possediamo” non è nostro, ma viene da Dio, il Signore sarà ancora più generoso con noi: “bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità sul molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone”. (Mt 25, 21)
Tutti mangiarono e furono saziati; e portarono vi dodici ceste piene di pezzi avanzati” (Mt 14, 20)
In verità vi dico: gli affiderà l'amministrazione di tutti i suoi beni” (Mt 24, 47)
Che con l'aiuto di Maria Santissima, che ci ha “offerto” il tesoro più grande che abbia ricevuto da Dio, ossia il Suo Figlio Gesù, rendendosi strumento dell'Incarnazione e dando alla luce Nostro Signore, possiamo diventare ciò che Cristo ci chiama ad essere: il sale della terra.
E nel nostro campo, potremo crescere come un grande albero che, per Grazia di Nostro Signore, sia anche in grado di offrire riparo, un nido a quanti ci stanno intorno, per vivere in perfetta comunione, i beni spirituali che Dio stesso ci concede.

2 commenti:

  1. Mi piace che tu abbia collegato parole evangeliche, affermazioni di Santi, per arrivare al grande albero che tutti noi possiamo essere, per donare protezione e conforto a chi li cerca! Se non impariamo a cercare Dio in noi, come potremmo trovarlo fuori di noi? Pensieri spirituali davvero pregnanti!!

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  2. Prendo in prestito codesta bellissima, profondissima, riflessione,come riferimento in un articolo sul mio blog () intitolato "Stessa verità, stessa meta".
    Ringrazio e mi congratulo del vostro grande lavoro,
    Pasquale D'Adamo

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