Carissimi amici del blog, prosegue la pubblicazione del testo sulla vita di Caterina Farnese - principessa e carmelitana scalza.
Lo scritto - curato dalle monache carmelitane scalze del monastero di Parma - è in corso di pubblicazione sulla rivista "Il Carmelo oggi".
Caterina Farnese, principessa e carmelitana
- seconda parte -
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Caterina Farnese, al tempo in cui indossava già l'abito carmelitano |
Con la mamma sono scintille…
La
prima persona che ebbe a sperimentare, non senza grande sofferenza, le
stranezze e l'impertinenza della bambina fu la buona e saggia duchessa
Margherita, per la quale questa figlia bizzarra rappresentò una spina nel
fianco fino a quando entrò in monastero. Di fronte alle bizze di Caterina, la
Serenissima Duchessa perdeva facilmente e comprensibilmente la pazienza: e
spesso, non contemplato dall'etichetta di corte, volava qualche schiaffo.
Cosa
che, anziché correggere la bambina, le offriva un’occasione per estrarre dal
suo repertorio qualche battuta impertinente.
Una
volta in cui, nel tentativo di percuoterla, la duchessa si fece male ad una
mano, Caterina commentò pronta: Lodato sia Dio: voleva fare male a me, e
l'ha fatto a sé!
In
occasione di un altro schiaffo materno Caterina fuggì in una stanza dove un
gruppo di dame stava ammirando una scimmietta addomesticata. L’animale, forse
spaventato dall’improvvisa irruzione della bambina, le si scagliò addosso,
cercando di graffiarle il volto.
Chiamata
dalle grida delle dame, accorse la duchessa, che prontamente liberò la figlia.
Caterina non lascio trasparire la paura che certamente doveva avere provato, ma
si mostrò più soda che mai nel suo orgoglio. Con una prontezza di
battuta che farebbe meraviglia anche in un adulto, commentò: Sia pur
ringraziata la scimmia; ha insegnato alla Signora Madre che se me le ha date,
ha poi anche avuto di grazia di venirmi ad aiutare.
Una
simile risposta indubbiamente tradisce mancanza e desiderio di affetto; ma
prima di accusare i familiari dobbiamo ammettere che Caterina faceva ben poco
per conquistarlo e che le sue durezze avrebbero scoraggiato la più volenterosa
delle madri.
Anche
il prenderla con le buone maniere infatti otteneva ben scarsi risultati: la
povera duchessa, per quanto chiedesse alla bambina quali fossero le sue
predilezioni e i suoi desideri, non ebbe mai la soddisfazione di sentirsi dare
una risposta; una volta volle sapere da Caterina la ragione di questo mutismo
ostinato: Non voglio che ci si avvezzi a dirmi di no, fu la pronta
replica.
Caparbia
in tutto, Caterina lo era specialmente quando le si imponeva, naturalmente
invano, di chiedere perdono, inginocchiandosi – secondo la prassi del tempo –
davanti ai genitori. Una volta uno dei fratelli, vedendo che la madre, di
fronte all’ostinazione della piccola, aveva rivolto desolata il viso altrove,
escogitò una pietosa bugia, dicendo alla duchessa che proprio in quell'istante
la bambina si era inginocchiata per chiederle perdono. Ma Caterina,
rigorosamente zitta fino a quel momento, esclamò a gran voce: Io, perdono?
Non sarà mai vero!
…ma neppure gli altri hanno troppa fortuna!
Nei rapporti con Caterina maggior fortuna non aveva la nonna
Margherita Aldobrandini, della quale la nipotina metteva in crisi sia il
prestigio che la pazienza.
La
veneranda matrona amava recarsi presso le Scalze insieme con le nipoti.
L'unica
a recalcitrare era Caterina, che verso monache e conventi aveva sempre
dimostrato una spiccata antipatia.
Una volta 1'anziana nobildonna condusse la
bambina nella stanza del capitolo, dove erano radunate le religiose per
ossequiare la loro benefattrice.
Si
trovava nella stanza una statua di Santa Teresa rivestita (secondo un uso
tipico spagnolo) con abiti autentici.
La
nonna tolse alla statua la cappa di lana bianca e la pose sulle spalle della
bimba. Incurante della presenza delle monache, Caterina dimostrò tutta la sua
ripugnanza ma non fu capace di reagire secondo il suo costume.
Rimase come
soggiogata sotto quell’indumento e non si mosse.
Padre Massimo assicura che lo
fece per non disgustare la nonna; i biografi posteriori hanno parlato di
una forza soprannaturale che, con chiaro significato profetico, avrebbe
dominate la piccola Caterina. Noi propendiamo per quest'ultima spiegazione che
- dopo tutto - é più credibile della precedente!
Sta
di fatto che da allora, ogniqualvolta tornava con la nonna presso le Scalze,
Caterina fuggiva come il vento davanti a quella statua, per timore della
cappa da lei tanto aborrita.
Anche
il precettore di casa Farnese, il marchese Cremona, dovette ben presto
sperimentare 1'inflessibile ostinazione della bambina.
Una
volta Caterina, durante una lezione, decise di non leggere.
Il precettore per
castigarla le impose, per quel giorno, di mangiare stando in ginocchio.
L’orgoglio ferito di Caterina allora trovò il modo di rifarsi con una battuta
delle sue: A me basta ch'io mi cibi, e loro non l’abbiano vinta con farmi
leggere.
Alle
vittime di Caterina vanno aggiunte le cameriere.
Servire la principessina non
era facile, perché già da bambina ella amò avere un aspetto impeccabile.
Bastava un nonnulla, ed ecco che Caterina
ora
buttava all'aria il lavoro fatto fino a quel momento, ora percuoteva le ragazze
con uno scatto improvviso…
Eppure
questi burrascosi rapporti erano illuminati di tanto in tanto da sprazzi di
tenerezza e perfino di umiltà.
Anzi,
era proprio con le cameriere che la bambina esprimeva il meglio di sé.
Mentre
gli scontri frontali con 1'energica duchessa erano buoni solo a renderla più
soda che mai nel suo orgoglio, le sfuriate ai danni delle inermi
ragazze la facevano rientrare in sé, suggerendole poi sentimenti di
rincrescimento e rimorso.
Allora,
con uno slancio impetuoso come impetuosa era stata la sua collera, afferrava il
primo oggetto che le capitava tra le mani e ne faceva dono a colei che aveva
appena offeso, chiedeva mille scuse e diventava mansueta come una
colomba.
Sennonché
1'incantesimo era destinato a rompersi in fretta…
E
così alla duchessa non rimase altro che rassegnarsi poco a poco; e in fine si
accontentò di convincersi e di ripetere che sua figlia era una gran testa.
Acquedotto Farnese, Parma |
Devota sì, ma a modo suo
Eppure
in questa gran testa il senso di Dio era fortissimo ed alcuni piccoli episodi
che il Padre Massimo ci tramanda lasciano intravedere un ardore generoso e
appassionato, che si impone alla nostra attenzione, pur attraverso le stranezze
di cui era rivestito.
Caterina,
certamente influenzata da qualche lettura agiografica, si ingegnava di
escogitare delle penitenze, come quella di rinunciare al riposo estivo
pomeridiano e di sostituirlo con una prolungata esposizione ai raggi del sole:
ma lo faceva rigorosamente di nascosto, così come di nascosto recitava le sue
preghiere; lo faceva con fedeltà e devozione, ma con tutte le precauzioni
possibili per non dare nell'occhio.
Se le cameriere la sorprendevano mentre
stava pregando, subito assumeva un atteggiamento disinvolto come se fosse stata
intenta a tutt'altro; accanto ai libri devoti (che leggeva volentieri) era
solita tenerne pronto uno profano, per afferrarlo nei momenti d'emergenza e
così mantenersi in concetto di non essere devota.
Insomma,
era talmente aliena da ogni forma esteriore di devozione da far credere alla
corte che neppure dicesse un’Ave Maria di sua elezione.
E
così la buona duchessa, che tanto avrebbe voluto vederla pia e devota, doveva
incassare un altro colpo: si sarebbe rifatta, molti anni dopo, constatando con
lacrime di commozione le meraviglie che Dio operava nella piccola selvatichetta
di una volta.
Da dove attingiamo queste notizie?
Mentre delle notizie sui Farnese abbondano i
libri di storia, le notizie «ufficiali» sulla figura di Caterina sembravano
destinate a ridursi a poche (e malevole) citazioni da parte di storici che,
sospettosi nei confronti della vita claustrale, si affrettarono a classificarla
come una monaca infelice o come una sognatrice esaltata.
Ma alla bella figura
della principessa viene resa giustizia da un piacevole libro che nel corso dei
secoli è stato sepolto dalla polvere dell’oblìo, ma che all’epoca fu una specie
di best seller: il Raguaglio Istorico della Nascita, Vita, e Morte di Suor
Teresa Margherita dell'Incarnazione già nel Secolo Serenissima Principessa
Caterina Farnese, scritto dal suo confessore Padre Massimo Brasca e del
quale una copia è conservata presso la prestigiosa Biblioteca Palatina di
Parma.
È da questo simpatico libro, scritto con
affettuosa vivacità e senza ombra di retorica, che sono attinte quasi tutte le
notizie riguardanti Caterina, con sovrabbondanza di citazioni dirette,
riconoscibili per il carattere corsivo.
Le notizie sul Carmelo di Parma invece
sono attinte dalle numerose cronache manoscritte presenti nel nostro e in altri
monasteri.
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